La politica nel Teatro di Dario Fo


Term Paper, 2000

24 Pages


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Indice

1 Il personaggio di Dario Fo - Biografia

2 Cronologia storica dell’Italia dal 1961 al 1963
2.1 L’anno 1961
2.2 L’anno 1962
2.3 L’anno 1963

3 Le ecomafie – Le holding degli appalti

4 Il teatro di Dario Fo

5 Chi ruba un piede è fortunato in amore

6 Settimo: ruba un po’ meno

7 Fotografie

8 Bibliografia

1 Il personaggio di Dario Fo

- Biografia

Dario Fo nasce nel 1926 a San Giano in provincia di Varese; suo padre un ferroviere, sua madre una contadina. Nasce in una famiglia proletaria, di tradizioni democratiche e antifasciste. Dai suoi compaesani, per la maggior parte contrabbandieri e pescatori di frodo, tutti individui dotati di una fantasia senza limiti, Fo impara a vedere e a leggere le cose in un certo modo.

A Milano giovanissimo, frequenta l'accademia di Brera. Si iscrive alla facoltà di architettura del Politecnico, che frequenta fino a sette esami dalla laurea. È questo un periodo di enorme entusiasmo per Fo, il quale inizia a scoprire un ambiente nuovo e in movimento, e i rapporti umani che si aprono e gli crescono intorno. Dario Fo si inserisce nella città con un profondo istinto per la partecipazione attiva e creativa nel rapporto con gli altri, un forte senso del positivo, della realtà concreta, una sana voglia di vivere che rifiuta ogni atteggiamento di introversione, di abbandono decadente.

Si porta addosso la fantasia dei "fabulatori" che giravano intorno al lago Maggiore, dove Fo è nato, raccontando nelle piazze, nelle osterie, strane storie, un poco ingenue, un poco matte. La semplicità era la loro caratteristica. Le loro storie erano semplici iperboli desunte dall'osservazione della vita quotidiana, ma al di sotto di queste storie "assurde" si nascondeva la loro amarezza; l'amarezza di una gente delusa e di una satira acerba - rivolta al mondo ufficiale - che forse pochi coglievano. Raccontavano, sempre in prima persona, di strani pescatori che, dando troppa forza al lancio della lenza pescavano dall'altra parte campanili; di strani corridori su barche, che si dimenticavano di mollare gli orrneggi e arrivavano al traguardo logicamente secondi; di strani esploratori del mondo sottomarino dove scoprivano un paese tale quale sopra, ma immobile e pulitissimo con tutti i suoi personaggi.

Studiando architettura, si interessa alle chiese romaniche e rimane stupito dal fatto che la maggior parte di esse è opera di scalpellini semplici, ignoranti ed analfabeti. Dario Fo scoprì improvvisamente una cultura nuova. vera: la forza creatrice di coloro che sono sempre stati definiti i "semplici" e gli "ignoranti", che sono sempre stati i "paria" della "cultura ufficiale".

E' in questo periodo che dipinge molto e frequenta Morlotti, Cassinari, conosce Vittorini; sono gli anni del "Politecnico", in cui si vuole decisamente rompere con il tradizionale provincialismo culturale, nell'immediato dopoguerra, e si ricerca un'apertura a livello europeo. E' in questo stesso periodo che Dario Fo inizia a improvvisare storie, che lui stesso recita, in chiave farsesca e satirica; sono storie il cui obiettivo è rappresentato dal mettere a nudo le banalità e le idiozie della cultura scolastica, una storia in cui gli "scalpellini" delle chiese romaniche non hanno alcun posto e in cui si susseguono personaggi boriosi e ridicoli in una dimensione di cartapesta, privi di qualsiasi umanità concreta, gonfi di retorica astratta. Tutto il periodo ruota su alcuni cardini: l'infrazione alla norma ed al conformismo, la provocazione del potere, il gusto della sorpresa, una specie di risarcimento rispetto alla quotidianità subita. Risentimento e astuzia ironica ne fanno un personaggio straniato, aggressivo e fantasioso rispetto al mondo grigio e stupido del diritto di proprietà, del potere, della "storia tramandata". Il personaggio prende coscienza di sé, si determina un brusca inversione, dallo spettacolo nella vita alla vita nello spettacolo.

Le elezioni del '48 servono a Fo per ricreare all'interno dello spettacolo Ma la Tresa ci divide le tensioni e le ansie dello scontro politico. La disputa tra paesi confinanti e di opposta fede politica sulla proprietà di una mucca è il filo conduttore per varie "scenette" a chiave che avvaloravano i diritti del paese rosso.

Conosciuto da Franco Parenti, Fo viene introdotto alla RAI, dove inizia una vera e propria attività di produzione; siamo nel 1952, per diciotto settimane Fo scrive e recita per la radio le trasmissioni del "Poer nano", monologhi in cui viene portata avanti una spassosa demistificazione di situazioni e personaggi calati in una dimensione di gioco grottesco, di ruoli rovesciati: al bell'Abele, fine e aristocratico, prediletto da Dio e dalla natura, si contrappone il goffo Caino, "emarginato" e incapace di portare a termine qualsiasi buona intenzione; con le sue grosse mani sciupa ogni cosa, finche, giustamente arrabbiato, ammazza l'Abele con una bastonata. Nel 1952 i testi del "Poer nano" vengono rappresentati al Teatro Odeon di Milano. E' il primo contatto di Fo con il teatro ufficiale, ed è da questo momento che - conclusasi la collaborazione con la radio (che tra l'altro limitava fortemente le capacità espressive dell'attore Fo) - entra in rapporto di lavoro con autori come Franco Parenti e Giustino Durano. Fo commentava poi che erano storie assurde, ma con dentro dei temi ben precisi: l'ironia sui luoghi comuni e la liturgia della gente perbene, l'astio e l'orrore per il mondo dei ricchi, l'amarezza e la ribellione per la propria condizione, il senso della paura e del bisogno.

Dalla collaborazione con Parenti e Durano nasce Il dito nell'occhio (1953). E' uno spettacolo di rottura nel campo della rivista tradizionale; la satira sociale e politica vi si affermano con chiarezza. In questo spettacolo vengono colpiti sui loro piedistalli gli "eroi" a cui viene contrapposto il buon senso, lo sghignazzo e si ride sui valori di cartapesta della storiografia ufficiale.
Una rivista assolutamente "nuova", che della rivista tradizionale ha stravolto tutti i caratteri, e che viene accolta con entusiasmo dai giornali della sinistra.

L'anno successivo, nel 1954, Fo, Durano e Parenti, ancora insieme, presentano Sani da legare, che sviluppa il discorso del Dito nell'occhio, portando l'arma della satira nellavita quotidiana dell'Italia della "legge truffa". Il testo viene massacrato dalla censura di Scelba. La repressione nei confronti del gruppo provoca la fine della collaborazione "a tre". Durano torna alla rivista tradizionale, Parenti incontra grosse difficoltà di reinserimento nella RAI ed anche in, semplici compagnie, Fo avvia un periodo di esperienze nel campo del cinema: scrive con altri e recita nel film Lo svitato, regia di Lizzani, storia "buffa" di un reporter ingenuo e impacciato, continuamente in corsa nel caos della grande città, Milano. Con Age, Scarpelli, Pietrangeli, Pinelli, lavora a varie sceneggiature.

Da questo primo periodo di attività, di esperienze teatrali e cinematografiche, nascono le "farse", attraverso cui Fo tenta un primo esplicito legame con una tradizione di teatro sviluppatasi a margine del teatro ufficiale, la tradizione che affonda le sue radici lontane nella commedia dell'arte.

Nel 1959 Dario Fo e Franca Rame decidono di organizzarsi in "compagnia"; dal 1959 al 1967, Fo scrive, mette in scena e recita nelle "commedie" : Gli arcangeli non giocano a flipper (1959-1960), Aveva due pistole con gli occhi bianchi e neri (1960-1961), Chi ruba un piede è fortunato in amore (1961-1962), Isabella, tre caravelle e un cacciaballe (1963-1964), Settimo: ruba un po' meno (1964-1965), La colpa è sempre del diavolo (1965-1966), La signora è da buttare (1967-1968). E' il periodo cosiddetto "borghese" dell'attività di Fo, "borghese" perché si agisce all'interno del teatro borghese, davanti ad un pubblico sostanzialmente borghese. Ma è proprio in questo periodo che Fo, spettacolo dopo spettacolo, precisa il significato del suo teatro sempre più "politico", precisa l'esigenza di ricollegarsi fino infondo alla cultura popolare, sempre meno lontana, nei testi medioevali che saranno reinventati in Mistero Buffo, e sempre più individuata nel presente, nel movimento reale della lotta di classe. E' in questo periodo che l'ironia, il grottesco, diventano armi di critica, e i bersagli inizialmente solo intravisti (le banalità della cultura ufficiale, i Garibaldi di cartapesta) vengono individuati, per poi essere colpiti con sicurezza. Così la critica alla "burocrazia" statale in Gli arcangeli non giocano a flipper diventa critica dello stato borghese e dell'imperialismo americano in La signora è da buttare.

All'interno di questo periodo, due esperienze centrali. Canzonissima (1962) e lo spettacolo Ci ragiono e canto n. 1 (1966). La collaborazione con la televisione aveva già portato Fo a recitare, nel gennaio 1959, nella commedia Monetine da cinque lire. Ma è con la nascita del primo governo di centro-sinistra che Fo viene chiamato a lavorare in televisione: vengono rappresentate cinque delle sue "farse", quindi gli viene affidata la direzione di una rivista musicale Chi l'ha visto?. Nella trasmissione televisiva vengono affrontati temi di attualità, messi in ridicolo i luoghi comuni del qualunquismo. Subito dopo, a Fo viene affidata la più popolare trasmissione televisiva, Canzonissima. Sono pochi mesi di "apertura" dell'ente di stato, in coincidenza con la fase iniziale del centro-sinistra. Nelle sue trasmissioni Fo mette sotto accusa gli industriali, il clero, la mafia, parla dei problemi di vita delle masse popolati; la satira rimane l'arma principale di comunicazione. Ma ben presto I' "apertura" nei confronti di Dario Fo si chiude, in occasione di uno sketch sulle speculazioni degli impresari edili, proprio mentre nel paese è in corso una dura lotta dei lavoratori di questo settore. La censura televisiva fa a pezzi il copione della trasmissione, Dario Fo e Franca Rame respingono il ricatto e denunciano la repressione dell'ente di stato nei loro confronti. L'esperienza di Canzonissima è stata importante per Fo non solo in quanto è stata per lui una "lezione pratica" sulla natura profondamente reazionaria dello stato e dei suoi strumenti di oppressione e controllo delle masse popolari; è stata soprattutto importante perchè‚ quel contatto con milioni di telespettatori ha posto in maniera evidente a Fo il problema del "pubblico"; per ora si tratta essenzialmente di una esigenza di "teatro per molti", di teatro "non per pochi". Sarà dopo l'esperienza del Ci ragiono e canto n. 1, e su spinta del movimento di lotta, che Fo si porrà il problema del "pubblico" in termini nuovi, in termini di necessità di uscire dal "teatro borgbese" e riportare "alle masse" quei contenuti culturali che sempre più chiaramente "dalle masse" imparerà a recepire ed esprimere.

Nel periodo 1959-1967, a fianco delle "commedie", Fo cura adattamenti e regie di testi teatrali Gli amici della battoneria (1963), La passeggiata della domenica (1967), produce numerose canzoni (particolarmente importante la collaborazione con Jannacci con cui allestirà nel , 1967 uno spettacolo, componendo in quest'occasione alcune fra le sue canzoni più note (Prete Liprando e il giudizio di Dio, L'Armando, Veronica ecc.).

Nel 1966 allestisce "Ci ragiono e canto", spettacolo sulla ricchezza della cultura popolare attraverso i suoi canti. Collabora con cantori popolari, dal gruppo "Padano di Piadena" al gruppo sardo dei "Galletti di Gallura" di Aggius.

Negli anni 1966-1967 in Dario Fo si afferma la consapevolezza che l'enorme ricchezza culturale del popolo, sistematicamente oppressa dalle classi dominanti, deve tornare al popolo; il passato deve integrarsi con il presente e con il futuro del movimento di lotta. E' la sua sensibilità al nuovo che lo porterà da artista "amico del popolo" ad artista al servizio del movimento rivoluzionario proletario, "giullare" del popolo, in mezzo al popolo, nei quartieri, nelle fabbriche occupate, nelle piazze, nei mercati coperti, nelle scuole.

E' così che al termine della stagione teatrale 1968-1969 la "compagnia Fo-Rame", si scioglie, e viene costituita la "Associazione Nuova Scena", che si pone al servizio delle forze rivoluzionarie non per riformare lo stato borghese con politica opportunista, ma per favorire la crescita di un reale processo rivoluzionario che porti al potere la classe operaia. La rivoluzione culturale in Cina, il maggio francese, il movimento di lotta in Italia hanno avuto una ripercussione 'immediata in Dario Fo, in Franca Rame e nei compagni che lavorano con loro: viene deciso di aprire "fuori del teatro borghese", sul circuito teatrale del PCI, l'ARCI.

Nel 1968 Fo scrive e mette in scena Grande pantomima con bandiere e pupazzi piccoli, grandi e medi, sulla continuità dello stato dal fascismo alla "repubblica democratica", sulla lotta di classe fra il "drago" del proletariato ed il "pupazzone" della borghesia. Non mancano accenni di critica all'Unione Sovietica della "coesistenza pacifica". Chiarissimo il collegamento con il teatro popolare nell'uso delle maschere, dei burattini, delle marionette.

Nel 1969, Ci ragiono e canto n.2, in cui viene portato avanti il collegamento tra la cultura popolare del passato e la lotta del proletariato urbano del presente: vengono così inserite canzoni di lotta, in gran parte scritte da Fo, da Povera gente ad Avola a Non aspettar San Giorgio. Alla stagione teatrale 1969-1970 appartengono inoltre Mistero buffo, Legami pure che tanto spacco tutto lo stesso, L'operaio conosce 300 parole, il padrone 1.000, per questo lui è il padrone (critica al PCI che perde la sua indetità di partito rivoluzionario). In Mistero buffo si sviluppa e approfondisce la ricerca di Dario Fo sulle origini della cultura popolare. Per più di tre ore si susseguono testi medioevali liberati dalle incrostazioni aristocratiche, reinventati, recitati in dialetto ("padano") di sapore arcaico, da un "giullare" del popolo che riesce a coinvolgere il "pubblico" in uno spettacolo corale di straordinaria efficacia, di satira violenta degli antenati dei padroni di oggi. Questo spettacolo, che sarà sviluppato in edizioni successive si affermerà come lo spettacolo più popolare di Dario Fo, continuamente richiesto nelle situazioni di lotta più diverse. Nello stesso tempo, Mistero Buffo è un discorso di metodo: contro la storiografia borghese, in cui la borghesia racconta dal proprio punto di vista le imprese dei propri "eroi" e contro la storiografia revisionista che attraverso una lettura sociologica di Marx riconosce l'esistenza delle classi e nella lotta di classe la molla dello sviluppo storico, ma non sottopone a ribaltamento critico la storia passata, per ribaltare la storia presente (senza cioè affermare la necessità della "dittatura del proletariato" sulla borghesia), in Mistero Buffo si pone concretamente, nella pratica dell'operazione svolta, la necessità insostituibile, irrinunciabile, di conoscere la nostra provenienza per sapere la nostra meta, secondo il concetto gramsciano, che significa conoscere la dinamica dello scontro di classe nel suo sviluppo storico, non in una dimensione statica di astratta constatazione sociologica.

Nell'ottobre 1970, Fo e gli altri compagni si costituiscono in "Collettivo Teatrale la Comune" e lanciano la proposta di un "circuito culturale alternativo" della sinistra rivoluzionaria, alternativo non più soltanto alla borghesia ma anche ai revisionisti. Questa radicale scelta di campo colloca Dario Fo, Franca Rame e i compagni che lavorano con loro in una dimensione di militanza politica sul fronte della cultura, con dichiarata funzione di sostegno al lavoro politico delle organizzazioni rivoluzionarie costituite in quegli anni dalla sinistra extraparlamentare. Alla cultura borghese vanno contrapposti i valori profondi della cultura del popolo, nella sua integrazione tra passato e presente, alla luce delle esperienze internazionali del proletariato. In questa visione la rivoluzione culturale cinese diventa il punto di riferimento principale dell'attività di Fo e della Comune. Un ruolo importante nel preparare le masse alla rivoluzione gioca la controinformazione contro le continue manovre mistificatorie della borghesia, contro una interpretazione "di parte" della realtà quotidiana. All'indomani del "suicidio" del ferroviere Pinelli , Fo mette in scena lo spettacolo Morte accidentale di un anarchico che prende spunto da un episodio accaduto in America di un anarchico scaraventato a forza dalle finestre della questura centrale di New York. Solo l'enorme consenso di massa che lo spettacolo conquista in pochi mesi riesce a salvarlo dalla repressione della polizia e della magistratura, impotenti di fronte ad uno spettacolo che "dice tutto" senza esplicitare nomi e cognomi, stabilendo un rapporto immediato e diretto con l'intelligenza critica del pubblico. I dibattiti che seguono allo spettacolo di Morte accidentale di un anarchico sono tra i più accesi: sulla necessità di opporre al riformismo una strategia rivoluzionaria, sulla necessità di organizzarsi, senza perdere un giorno, per opporre al potere un contropotere rivoluzionario. Per sostenere il dibattito e il processo di presa di coscienza su questi problemi, la "Comune" si impegna anche in un'attività di circolazione di materiale politico: stampa, e diffonde durante gli spettacoli, gli articoli del partito comunista cinese contro il revisionismo togliattiano. La critica alla politica di Togliatti viene portata avanti attraverso una approfondita disamina della lotta di classe in Italia nel periodo 1911-1922 e si esplica nello spettacolo Tutti uniti, tutti insieme! Ma scusa, quello non è il padrone?. Nel titolo la critica alla linea interclassista portata avanti dal PCI, la linea della collaborazione fra proletariato e "ceti medi produttivi" per una "democratizzazione" della società istituzionale. "Tutti uniti?" si, ma contro il padrone. Contro l'unità interclassista, unità di classe. Fo spiega i motivi della messa in scena di Tutti uniti, tutti insieme! Ma scusa, quello non è il padrone? dicendo che girando per le Camere del Lavoro, nei saloni delle cooperative, dove la classe operaia li invitava ai dibattiti, sempre saltava fuori quel periodo storico: gli anni dal 1911 all'avvento del fascismo. E anche molti vecchi che avevano vissuto quel periodo dimostravano nei loro interventi di non aver acquisito la coscienza del significato storico di quegli anni. Da lì poi è nata la necessità di una informazione anzitutto, previa ricerca approfondita. Fo che è uscito dal teatro borghese per mettersi al servizio della 'classe' aveva l'obbligo di sviluppare quel discorso, di sciogliere quel nodo perché, secondo Fo, era l'origine della storia di tutto il movimento operaio in Italia. A fianco degli spettacoli prosegue il lavoro di costruzione del "circuito teatrale aternativo". Alla fine del '71 sono già un centinaio i circoli "La Comune" che in varie città si sono costituiti, su iniziativa del collettivo teatrale. I circoli nascono come momenti unitari in cui si uniscono le varie organizzazioni della sinistra extraparlamentare della città o del paese. Nella stagione 1971-1972, Dario Fo e Franca Rame scrivono e mettono in scena: Morte e resurrezione di un pupazzo, Fedayn, Ordine per DIO.OOO.OOO.OOO!. Morte e resurrezione di un pupazzo è la riedizione de Grande pantomima con bandiere e pupazzi piccoli, grandi e medi del '68. Viene mantenuta la chiave teatrale del "pupazzone", lo stato borghese nella sua continuità dal fascismo al dopoguerra, al regime democristiano, strumento della borghesia contro il "drago" del proletariato. Lo spettacolo è mordente, violento, duro; la satira non permette respiro, c'é troppo sangue nell'Italia del 1972, le manovre golpiste della borghesia si sono intensificate, il terrorismo fascista sta per svilupparsi con una cruenza senza precedenti, coperto dai "corpi separati dello stato", dalla polizia, dalla magistratura. Nel capannone di Via Colletta ogni sera si raccolgono fondi di "soccorso rosso" per sostenere i compagni, i lavoratori, gli studenti che continuamente vengono arrestati. "Soccorso rosso" che da attività di solidarietà militante con i compagni colpiti dalla repressione, dal 1972 si svilupperà in organizzazione di sostegno al movimento di lotta nella carceri.

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Excerpt out of 24 pages

Details

Title
La politica nel Teatro di Dario Fo
College
University of Heidelberg  (IÜD)
Course
Il teatro contemporaneo
Author
Year
2000
Pages
24
Catalog Number
V621
ISBN (eBook)
9783638104074
File size
701 KB
Language
Italian
Keywords
Teatro, Dario
Quote paper
Elisabetta D'Amato (Author), 2000, La politica nel Teatro di Dario Fo, Munich, GRIN Verlag, https://www.grin.com/document/621

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