Il pane come simbolo dell’identità italiana e dell’identità sociale


Seminar Paper, 2015

13 Pages, Grade: 2


Excerpt


Indice

1. Introduzione

2. Il pane nei corsi dei secoli

3. Il pane come indice di classe sociale

4. Il pane nel contesto letterario

5. Conclusione

Bibliografia

1. Introduzione

Non si fa a meno di pane nella cucina italiana. In Italia, il pane fa parte di ogni pasto principale. Senza pane, una tavola non è completa. Il pane non viene servito insieme al piatto, invece, c’è un paniere che si trova sempre in mezzo alla tavola quando ci si siede per i pasti. Così, ognuno si può servire di un pezzettino per mangiarlo prima o insieme al pasto. Sia come cibo accompagnatorio sia per pulire il piatto, il pane è componente fisso di un pasto. E, inoltre, è importante prodotto alimentare molto legato all’identità italiana.

Già nell’antichità prevaleva la cultura del pane, del vino e dell’olio sulla penisola. Quindi, questa cultura esisteva già molto tempo prima dell’unificazione politica nel 1861. Anche quando l’Italia - che conosciamo come tale a livello geografico oggi – ancora non era nata, lo storico Massimo Montanari afferma che l’Italia della cultura ha già esistito. “Era l’Italia dei modi di vita, delle pratiche quotidiane, degli atteggiamenti mentali. L’Italia della cultura – che ben più dell’unità politica definisce l’identità di un paese.”1

Il pane è anche visto come una metafora per l’alimento in generale. Se c’è pane, non c’è fame. Per ciò, l’autrice Maria Rosa Panté assegna un grande valore simbolico al pane, che è “o metafora di altro o termine di paragone o sineddoche, il pane indica spesso per metonimia tutto il cibo, cosa che non avviene in nessun altro caso.”2 Il pane e alimento di base e allo stesso tempo sta collettivamente per cibo.

Inoltre, il pane gioca un ruolo importante nella chiesa cristiana. Pane, vino e olio non solo rappresentano i più tradizionali cibi della penisola, ma sono anche i pilastri principali dal punto di vista cristiano. Pane è il simbolo per il corpo Cristi, il vino sta come metafora per il suo sangue e l’olio viene utilizzato per dare i sacramenti.3 Visto che il Papa – con una breve interruzione – ha sempre risieduto nel Vaticano a Roma, anche il valore del pane nella religione cattolica contribuisce alla sua influenza come simbolo di identità italiana.

Questa tesina, però, per la maggior parte, tratta la visione generale del pane nella cucina italiana nei corsi dei secoli. Già fin dall’antichità, oppure anche prima, il pane è uno dei più importanti elementi nella cucina. In particolare, questa tesina cerca di accennare come il cereale usato per fare il pane è anche un simbolo di identità sociale, cioè di classe. Alcuni brani letterarie vengono usati per documentare il forte impatto del pane sull’identità italiana.

2. Il pane nei corsi dei secoli

Già nell’antichità, il pane era l’alimento principale dei Romani. Sia in città sia in campagna, si mangiava molto pane perché altri cibi erano solo difficilmente reperibili. Gli antichi popoli della penisola utilizzavano il farro per cuocere il pane. Il farro, la parola dalla quale deriva il termine farina, era la base dell’alimentazione a quell’epoca.4 Dato il fatto che il farro è il più duro e il più resistente dei cereali, i Romani preparavano il pane con esso, e, inoltre, senza lievito. Il frumento, invece, non lo conoscevano ancora.5 Oltre il farro, essendo il cereale più apprezzato e l’ingrediente di base per il pane, c’erano anche la segala e l’avena, però, tutte e due meno amate, e l’orzo. I Romani erano già in grado di produrre una grande quantità di farina con l’aiuto della tecnologia. Perciò, sapevano anche di fare molti diversi tipi di pane e diversi modi di cuocerlo. Cioè, c’era il pane schiacciato o alto, il pane rettangolare o tondo. Poi lo condivano con sale o pepe, con semi di papaveri o con miele.6 Secondo Linda Civitello, il 90 % della popolazione romana a quell’epoca, cioè dei plebei, dei schiavi e dei contadini, mangiavano soprattutto del pane. In più, se non si faceva il pane a casa, si poteva comprarlo alle bancarelle per strada.7 Data questa cifra, non è meraviglia che il pane aveva valore di cibo in generale. Inoltre, si capisce da questo alto percentuale perché il pane fa parte della cultura romana e rappresenta un simbolo della loro identità.

Ma anche dopo il crollo dell’impero romano, quando i popoli del nord vennero per invadere il territorio sulla penisola, il pane rimarrò la derrata alimentare più importante. Durante il Medioevo, dichiara Massimo Montanari, si sviluppò “un modello alimentare ‘italiano’, durato fino ai giorni nostri in alcuni suoi aspetti di fondo.”8 In questo modello alimentare, come lo chiama Montanari, il pane prese un posto fisso, anche quando arrivarono altri cibi con gli invasori. “Lo scontro-incontro fra romani e barbari fu anche uno scontro-incontro di valori alimentari: la cultura del pane, del vino e dell’olio […] si mescolò con la cultura della carne e del latte, del lardo e del burro […].”9 E così, nel Medioevo, i prodotti alimentari usati nella cucina della penisola diventarono più vari. Ma il pane funzionava sempre come prodotto di base che nutriva la maggior parte del popolo. Durante il Medioevo, anche il frumento fu diffuso sulla penisola e soprattutto nelle città. Per la panificazione, il frumento diventò il cereale preferito, perché l’alto contenuto di glutine contribuisce a una maggior morbidezza del pane.10 Grazie alle avanzate tecniche di macinazione del frumento, si otteneva una farina fine e setacciata, che faceva un pane molto apprezzato. Però, la coltivazione del frumento ero piuttosto costoso nei confronti degli altri cereali, come la segale, l’avena, l’orzo o il miglio, che erano i cereali “cosiddetti ‘minori’”11. Inoltre, il frumento è meno duro e resistente degli altri cereali e particolarmente del farro. Per questo, il pane di frumento veniva mangiato dai signori in città, mentre in campagna si produceva la farina e conseguentemente il pane usando i cereali più economici.

Nel Medioevo, alle case dei signori e alle corti dei nobili, si organizzava dei banchetti con molti piatti diversi preparati dai cuochi per gli ospiti. Lungo la tavola vennero messo grandi vassoi con i cibi. I commensali si servivano dai vassoi e, siccome non c’erano ancora piatti personali, mettevano la loro porzione su una fetta di pane.12 Il pane, una specie di focaccia, serviva come piatto, e di più, si usava il pane per tagliare le carni, i pesci e tutti i cibi che bisognava tagliare. Questa fetta di pane, poi imbevuta di sapori e di sughi, veniva mangiata o anche data ai poveri.13

Anche all’inizio del rinascimento, si facevano questi banchetti. Inoltre, durante l’evo moderno furono scritti molti ricettari e, grazie all’invenzione della tipografia, essi furono anche pubblicati. Il pane giocava sempre un ruolo importante in tavola, anche se non più in funzione di piatto. Ma si trovava come ingrediente in molte ricette, come per esempio nel ricettario di Maestro Martino, scritto nella seconda metà del XV secolo Libro de Arte Coquinaria. Anche il ricettario di Pellegrino Artusi, del XIX secolo, contiene una bella quantità di ricette con l’ingrediente pane. Di più, Artusi trascrive, nella sezione “L’autore a chi legge”, le parole del poeta Lorenzo Stecchetti: “[…] Non si vive di solo pane, è vero; ci vuole anche il companatico; e l’arte di renderlo più economico, più sapido, più sano, lo dico e lo sostengo, è vera arte. […]”14 Da questa frase capiamo che in questo periodo, la cucina italiano è diventata ancora più ricca, di alimenti, di ingredienti, ma anche dell’arte della preparazione dei piatti e cibi. Il pane, però, poteva sempre ritenere il suo valore alimentare e la sua importanza sulla tavola. Anche durante l’evo moderno il legame del pane alla cultura italiana e visibile con un impatto forte riguardante l’identità.

Nella cucina italiana contemporanea, il pane ha sempre un’importante posizione. Come descritto nell’introduzione, la cucina italiana non sarebbe la stessa senza pane. Il pane bianco di frumento è ancora il pane preferito, ma ha, come descrive Montanari in un articolo sulla Domenica di Repubblica del 11 ottobre 2009, “cominciato a perdere fascino quando – poco più di un secolo fa – è diventato accessibile a tutti, grazie alla maggiore diffusione del frumento e grazie anche alle moderne tecniche di macinazione […]”.15 E’ diventato moderno ed è in voga il pane di altri cereali. Non viene più servito o messo in tavola soltanto il pane bianco di frumento, ma anche dei pani integrali, pani di segale, cioè i cosiddetti pani ‘rustici’. Inoltre, gli italiani ne sono consapevole del effetto vantaggioso che gli altri cereali ed i pani integrali hanno per la salute.

3. Il pane come indice di classe sociale

Come descritto nel capitolo precedente, il pane costituisce un’importante simbolo d’identità italiana. Però, il pane funziona anche come simbolo di identità sociale, cioè il colore del pane è un indicatore dello strato sociale. Massimo Montanari afferma che, per un lungo periodo della storia italiana, cioè della penisola che conosciamo come Italia a livello geografico, la farina usata per il pane faceva la differenza tra ricchi e poveri.16

Nell’antichità, prima di conoscere il frumento, i popoli d’Italia usarono il farro per cuocere il pane. Poi scoprirono che il pane fatto di frumento era più morbido è così questo cereale diventò più pregiato. Nell’impero romano, la maggior parte della popolazione era della classe sociale inferiore. Solo il dieci percento apparteneva alla classe superiore, cioè ai patrizi. Mentre i patrizi mangiavano, oltre al pane, molta carne di maiale, preparato dei loro schiavi, gli altri si nutrivano essenzialmente con pane. Ma era disponibile anche il pane di frumento per la classe inferiore. Solo che non avevano la cucina a casa per cuocere, ma bisognava comprare il pane alle bancherelle in strada. Inoltre, i responsabili a quell’epoca (intorno la nascita di Cristo), abbassarono il prezzo per il frumento per farlo sostenibile.17 Perciò, a questo periodo la differenza tra le classe si dimostrava nella quantità di pane mangiato e nel modo di prepararlo rispettivamente di ottenerlo. L’impero romano con le due classi principali, però, non durò, e con la caduta di esso anche la situazione di alimentazione cambiò. Il pane bianco di frumento diventò un vero simbolo per le classe abbienti.

Nel Medioevo, il frumento era una derrata costosa a coltivare per le maggiori cure richieste agli contadini.18 Dato che altri cereali erano più resistenti del frumento e anche meno costosi e meno bisognevoli di cure, i contadini producevano il frumento solo per i loro capi.19 Quindi, il pane che se ne faceva qualificò “i consumatori come appartenenti ad una ben definita classe sociale”.20 Dunque, il pane bianco di frumento era abbastanza diffuso nelle città e tra i signori che possedevano le terre, ma i contadini che lavoravano sui campi non se ne potevano permetterlo. Anche i contadini dovettero pagare i loro signori per i cereali che usarono per fare il pane. Quindi, “per la confezione del pane si poteva praticamente usare tutto ciò che era macinabile”.21 Perciò, il pane dei contadini era di miglio, d’orzo o di segale. La differenza tra città e campagna diventò evidente, perché il pane dei contadini era sempre nero, e, se pur di frumento, era sempre integrale. Captava anche che i contadini, per fare il pane, utilizzavano solo la crusca perché ogni tanto non potevano neanche più permettersi la farina di altri cereali minori. Inoltre, c’erano spesso periodi di fame, quando tutti i cereali erano consumati e quando la nuova raccolta ancora non era matura. La fame faceva fare i contadini anche pane di cereali ancora immaturi, il che causava malattie e anche la morte.22

[...]


1 Montanari, Massimo: L’identità italiana in cucina, Bari: Laterza 2010, pag. VII.

2 Panté, Maria Rosa: Il pane, in: Anselmi, Mario e Ruozzi, Gino (a cura di): Banchetti letterari, 1a edizione, Roma: Carocci ed 2011, pag. 243

3 Cfr. Montanari, Massimo: L’identità italiana in cucina, pag. 4.

4 Cfr. Carnevale Schianca, Enrico: La cucina medievale. Lessico, storia, preparazioni, Firenze: Olschki ed. 2011, pag 219 e 221.

5 Cfr. Ibid, pag. 221.

6 Cfr. Civitello, Linda: Cuisine & Culture. A history of food and people, 3° ed., Hoboken New Jersy: Wiley & Sons 2011, pag. 52.

7 Cfr. ibid, pag 53.

8 Montanari, Massimo: L’identità italiana in cucina, pag. 7.

9 Ibid, pag. 3 - 4

10 Cfr. Carnevale Schianca, Enrico: La cucina medievale, pag. 220.

11 Ibid, pag 253.

12 Ferraris, Livorno: “Banchettare nel Medioevo e nel Rinascimento”, in: Ontanomagico. http://ontanomagico.altervista.org/ambientazione.htm (27.1.2016).

13 ibid

14 Artusi, Pellegrino: La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene, Milano: Vallardi ed. 2009, pag. 7.

15 Montanari, Massimo: “Quando bianco e nero faceva la differenza tra ricchi e poveri”, in: La domenica di repubblica, 11 ottobre 2009, pag 11.

16 Cfr. Ibid.

17 Crf. Civitello, Linda: Cuisine & Culture, pag 52 - 53

18 Cfr. Carnevale Schianca, Enrico: La cucina medievale, pag. 253.

19 Ibid, pag. 483.

20 Carnevale Schianca, Enrico: La cucina medievale, pag. 220.

21 Patrone Nada, Anna Maria: Il cibo del ricco ed il cibo del povero. Contributo alla storia qualitativa dell’alimentazione. L’area pedemontana negli ultimi secoli del Medioevo, Torino: Centro Studi Piemontesi 1989, pag 114.

22 Cfr. Civitello, Linda: Cuisine & Culture, pag 64 – 65.

Excerpt out of 13 pages

Details

Title
Il pane come simbolo dell’identità italiana e dell’identità sociale
College
University of Salzburg  (Romanistik)
Course
VU Kulturwissenschaft
Grade
2
Author
Year
2015
Pages
13
Catalog Number
V496705
ISBN (eBook)
9783346014849
ISBN (Book)
9783346014856
Language
Italian
Keywords
Kulturwissenschaft, italienische Kulturwissenschaft, das Brot, Kultursymbol in Italien, il pane, pane, pane como simbolo, identita italiana
Quote paper
Elisabeth Lyons (Author), 2015, Il pane come simbolo dell’identità italiana e dell’identità sociale, Munich, GRIN Verlag, https://www.grin.com/document/496705

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