Educazione al Suono e alla Musica


Anthology, 2018

223 Pages, Grade: 1


Excerpt


PREMESSA

Questo testo è la raccolta delle lezioni di educazione musicale da me te- nute nelle scuole elementari negli anni che vanno dall’Ottobre del 1978 al Giugno del 1988. Come spesso accade nel campo della didattica, le prime lezioni ebbero un accentuato carattere sperimentale: in quel periodo, infat- ti, trattati musicali a carattere pedagogico erano pura utopia; i programmi per la scuola elementare erano affatto trascurati, lo stesso Conservatorio, allora come oggi, era assolutamente incapace di preparare docenti e for- nire strutture atte ad elaborare elementi validi alla stesura di criteri me- todologici di base. Tutto questo nonostante l’elevata richiesta di cultura musicale da parte degli insegnanti, frustrati dalle esperienze negative delle scuole superiori, degli alunni, vittime inconsapevoli dell’improvvisazione e del dilettantismo, e delle famiglie costrette a ricorrere all’insegnamento privato. In questo clima appare evidente quanto difficile sia stato portare avanti un discorso che, se per certi versi ha richiesto numerose modifiche in fase di elaborazione finale, per altri trova oggi nei nuovi programmi di educazione al suono e alla musica per le scuole elementari il giusto rico- noscimento ed il naturale sviluppo. Il metodo, corretto, integrato e rifinito nel corso dei dieci anni di esperienza scolastica risulta essere perfettamente coerente con i programmi attuali: tuttavia, per poter capire i motivi che hanno portato alla stesura del procedimento finale secondo certe modalità è essenziale un discorso preliminare di tipo strutturale.

I vecchi programmi puntavano al completo annullamento della capacità analitica del bambino, sottoposto alle rigide formule dell’imitazione ed all’ambito limitato del canto. Scrive a proposito il Sansuini1:

“L’ascolto, anche se realizzato con le migliori metodologie, non riesce ad esaurire i compiti di una produttiva educazione musicale quando non si accompagni al fare musica .

Oggi tutti gli indirizzi didattici concordano su questa affermazione, per quanto molteplici siano i significati ad essa attribuiti. Anche i programmi didattici delle nostre scuole cominciano a mettersi su questa strada.

I più aggiornati in tal senso sono gli Orientamenti dell’attivitàeducativa nelle scuole materne (1969):

L’educazione musicale va dalla ritmica, dalla danza, dall’interpretazione figurativa all’ascolto, all’esecuzione e all’invenzione di musiche e canti [...] . [...] Oltre al canto, all’ascolto e alle audizioni, che possono commentare particolari mo- menti della giornata e della vita scolastica, acquistano notevole valore le esecuzioni con strumenti - nacchere, tamburi, altri strumenti a percussione, flauti - in unione al canto, in orchestrine e bande infantili, in giochi e drammatizzazioni. I bambini im- provvisano talora anche motivi originali, che registrati da persona capace, possono essere inseriti e valorizzati nel quadro dell’espressione e dell’esecuzione musicale. [...] I sussidi didattici di cui si dovrebbe poter disporre, sono, per l’educatrice: un pianoforte o un pianino elettrico, una fisarmonica o un guidavoce, un giradischi e un magnetofono, delle campane tubolari, tamburello e flauto; per i bambini: strumenti a percussione (cembali, tamburi), maracas, triangoli, campanelli, xilofoni, bastoncini, piatti, gong, fanfarette, flauti di bambù.

L’esigenza di una educazione musicale che non si limiti al canto per imitazione e all’ascolto è chiaramente espressa.

Parlare di invenzione di musiche e canti, di bambini che improvvisano talo- ra motivi anche originali è fortemente innovativo nella nostra tradizione educativa.”

Paradossalmente, i programmi della Scuola Materna e della Scuola Elementare sono ora più avanzati di quelli delle Scuole Medie:

I Programmi d’insegnamento per la Scuola Media Statale, di appena quattro anni più vecchi (1965), risultano di gran lunga più cauti e conservatori. Per quanto si ri- volgano a ragazzi dagli undici ai quattordici anni d’età, si è ancora ben lontani dal parlare di invenzione di musiche e canti , come invece poco dopo si riterrà possano fare bambini dai 3 ai 6 anni. Non è nemmeno presa in considerazione la possibilità che i ragazzi possano eseguire musica mediante l’uso di strumenti. [...] La lettura dell’inte- ro programma [...] mette chiaramente in evidenza la carenza di una sicura prospettiva pedagogica, sia in rapporto ad aspetti di psicologia dell’età evolutiva, sia in rapporto alla determinazione delle finalità a cui l’educazione musicale deve condurre.”2

Fare musica è condizione essenziale ad un corretto procedimento cognitivo. Ricordo tuttora il mio insegnante di musica della Scuola Media, noto pianista e didatta affermato, il quale si ostinava ad esporre i fondamenti dell’arte mu- sicale ricorrendo alle più scontate formule teoriche: la semibreve vale 4/4, la minima 2/4, il Do sopra il rigo ha un taglio in testa e uno in gola, ecc., guar- dandosi bene dal farci ascoltare sia pure un solo secondo di musica. Quanta noia e quanta incomprensione in quelle lezioni ! Tuttavia, lo ringrazio per avermi stimolato ad un lavoro di ricerca che porto avanti da oltre vent’anni: mai come in quel caso una didattica sbagliata ha sortito un effetto diretta- mente proporzionale all’entità degli errori metodologici (purtroppo, credo, solo nei miei confronti).

Alla luce delle nuove esperienze didattiche, si può affermare che esiste un duplice modo di porsi nei riguardi dell’arte musicale: l’atteggiamento atti- vo, tipico del musicista strumentista, e l’atteggiamento passivo, tipico del musicista ascoltatore. Funzione della scuola deve essere quella di forma- re e stimolare ambedue le caratteristiche nel senso più ampio del termine (educazione al suono e alla musica); ovvero, non si intendono qui formare strumentisti, che è compito delle scuole specializzate (Conservatorio, Isti- tuti Musicali, ecc.) nè ascoltatori raffinati, chè solo una vasta cultura ed un notevole bagaglio tecnico e culturale possono forgiare, bensì fine primario della Scuola Elementare sarà quello di fornire gli elementi, i mattoni di base, le nozioni tecniche e teoriche alla base delle due funzioni strutturali, sen- za mai entrare nella preparazione specifica. In qualunque attività didattica è d’obbligo formulare un piano di studio, delineando le finalità e gli obiettivi primari: analizzando le modalità di approccio all’evento musicale, ci si rende facilmente conto che l’atteggiamento passivo non può che essere successivo a quello di tipo attivo essendo frutto di una più elaborata funzione mentale. L’apprendimento dei fondamenti della grammatica e della sintassi musicale deve essere seguito da una profonda interiorizzazione dei concetti di base, anche, e soprattutto, se esposti in modo semplice, chiaro e lineare: non ci interessa a questo scopo l’elencazione e la memorizzazione di aridi termi- ni tecnici bensì l’assimilazione dell’essenza del processo musicale. Ciò sarà possibile solo se il docente, avendo interiorizzato egli stesso in modo com- pleto e puntuale i cardini del senso musicale, conoscendo profondamente la struttura vitale del discorso musicale nonchè i numerosi modi di espressio- ne dello stesso, sarà capace di trasformare i semplici lineamenti didattici in momenti di riflessione e stimolo creativo, nel quale il bambino non è visto come punto di arrivo ma di partenza verso più complesse espressioni in un processo di feedback tipico delle culture più avanzate.

Questo libro doveva essere nelle prime intenzioni un testo per gli stessi insegnanti elementari ma nel tempo è apparso quanto mai evidente che un insegnamento qual è quello proposto dal presente manuale, non può esse- re affidato se non a persona esperta, capace di svincolarsi dai binari delle indicazioni didattiche. I programmi di musica degli Istituti Magistrali sono assolutamente privi di indicazioni al riguardo: trattano di cultura musica- le generale, a volte preparano alla pratica di uno strumento specifico, sono completamente assenti studi mirati : non a caso, nello stesso Conservatorio non esiste un Corso di Didattica idoneo (per manifesta impreparazione degli stessi docenti).

“L’introduzione del fare musica nella scuola media invecchiò di colpo i programmi ministeriali appena usciti, ma trovò assolutamente impreparati anche gli insegnanti, ai quali ben raramente il Conservatorio aveva detto qualcosa di quelle esperienze di- dattiche che in altri paesi d’Europa ormai da vari decenni si andavano consolidando, soprattutto per i contributi di Jaques Dalcroze, Carl Orff, Leo Rinderer, Zoltan Kodaly, ecc.

Le intuizioni fondamentali di una didattica creativa dell’educazione mu- sicale dei ragazzi risalgono principalmente al compositore tedesco Carl Orff, il quale fin dal 1920 elaborò una metodologia prevalentemente fondata sul fare musica, oltre che con il canto, mediante l’uso di facili strumenti musicali, appositamente concepiti e realizzati. Egli cercò di canalizzare entro un alveo sistematico e rigoroso la naturale tendenza del bambino a giocare cantando, improvvisando un accompagnamento ritmi- co, dando concretezza alla sua fantasia nella parola, nella danza, nella mimica.

Lo strumentario Orff è formato soprattutto da percussioni a suono indeter- minato (tamburi vari, timpanetti, triangoli, piatti, legnetti sonori, ecc.), percussioni a suono determinato (timpani, metallofoni, xilofoni, campanelli, ecc.) e flauti diritti di timbro diverso.

Orff insisteva nel precisare che trattasi di strumenti veri e propri, anche se concepiti per le possibilità dei ragazzi, e non giocattoli, dei quali invitava a diffidare perchè spesso costruiti senza il rigore necessario ad un’attività di educazione musicale. [...] L’apprendimento della teoria musicale scaturisce sempre da esigenze pratiche: il bambino, all’inizio, ha bisogno di imparare a riconoscere solo quelle poche note e poche figure che usa. Ma intanto comincia a familiarizzarsi con i suoni, con i simboli grafici, con gli strumenti, con le costruzioni ritmiche, sempre realizzando quell’ideale “come se giocasse”, senza passare attraverso gli snervanti itinerari della teoria e del solfeggio parlato.

È un’attività gioiosa, che il ragazzo svolge con spontaneità ed entusiasmo, ma che da parte dell’insegnante richiede sensibilità e preparazione specifica. Ormai tutta la didattica è influenzata da questi principi che oggi sembrano ovvi e scontati; essi tuttavia non ci sono pervenuti attraverso i Conservatori di musica, ma attraverso la pressione economica.

Non mancano però educatori e musicisti sensibili che hanno avvertito tutta l’urgenza del problema e da anni lavorano intelligentemente per portare un contributo al miglioramento della preparazione della classe docente.”3

Musica quale linguaggio di tipo elevato, alla cui comprensione non è suffi- ciente tuttavia lo studio della grammatica specifica. Il discorso si fa molto più ampio, investendo tutte le altre discipline: mai un’arte ha riunito in sé tante forme della conoscenza, tutte con le loro caratteristiche esclusive:

“Nei programmi si parla di linguaggi sonori, ed in senso esteso di musica come linguaggio. Il termine è oggetto di varie e profonde disamine, di studi e di analisi minuziose e dettagliatamente precise, che non possiamo ovviamente riferire o anche soltanto sintetizzare in questa sede. Ma, nell’affrontare un breve esame della natura della disciplina, e cioè della musica, occorre chiarire in che cosa consiste la sua essenza, il suo « essere musica», ed in che senso si possa parlare di linguaggio.

È subito evidente che, utilizzando questo termine, si entra nel campo della comunicazione. Se si usa un determinato linguaggio, quale che sia la forma o il modo con cui esso si struttura e si conforma, significa che si vuol comunicare qualcosa. Ed ecco subito i due termini fondamentali della comunicazione: l’emittente e il ricevente. Non vogliamo a lungo diffonderci in tali questioni, che interessano peraltro anche la linguistica, ma sottolineare semplicemente alcuni termini che, a nostro parere, differiscono tra musica e linguaggio parlato (o scritto).

È ben vero che entrambi comunicano qualcosa, ma che cosa? Chiara, se co- nosciuta, è la domanda espressa con le parole. Non altrettanto con i suoni. La musica, per la sua stessa essenza, allude, sfuma, favorisce delle emozioni, suscita dei sentimen- ti, provoca delle sensazioni: difficilmente chiarisce in termini precisi una narrazione.

Significativo in questo senso è l’aneddoto che si racconta a proposito di Beethoven, il quale aveva fatto ascoltare ad una persona una sua recente composizione. Ma che cosa significa ? chiese quella. Beethoven rispose:- Faccia bene attenzione: significa questo.- E risuonò tutto il pezzo.”4

La pratica musicale deve assolutamente precedere l’analisi sonora nelle sue molteplici forme mediante lo studio dei mattoni fondamentali. Nel primo ciclo scolastico, è indispensabile procedere attraverso un itinerario ben definito che preveda lo studio delle forme più elementari di comunicazione e dei mezzi atti a realizzarle.

“Dio, Patria e Popolo sono i valori ai quali anche l’educazione musicale deve mirare.

La limitatezza di una tale visione pedagogica, che non fa alcun credito alla creatività dei ragazzi, è stata ampiamente scavalcata dall’industria che, mediante la divulgazione di principi metodologici concepiti soprattutto all’estero, riuscì a trasfor- mare la didattica, soprattutto con la divulgazione degli strumentini e di sussidi vari.

L’intuizione più importante in questo confuso rinnovamento didattico ri- siede nell’aver finalmente capito che la ragione più importante dello studio di uno strumento non va sempre ricercata nella possibilità di acquisire una abilità più o meno grande nell’uso di esso, quanto piuttosto nel particolare, insostituibile contributo che quello studio può dare all’elaborazione di una più globale esperienza di educazione musicale.”5

L’estensione della pura disciplina musicale ad altre esperienze ed attività scolastiche, come ad esempio la ginnastica, la danza, la pittura; lo scam- bio di informazioni tra branche diverse della cultura di tipo umanistico e le vaste correlazioni con le attività logico-matematiche sono ampiamente riconosciute dai teorici contemporanei benchè la tendenza ad una sempre più accentuata specializzazione delle arti abbia portato ad una settorializzazione che, se per alcuni motivi ha contribuito notevolmente all’evoluzione della qualità complessiva, non potrà che rivelarsi deleteria ai fini di una visione totalizzante delle correlazioni cognitive e psico-pedagogiche.

“Nell’antica Grecia il termine musica comprendeva non solo la musica suonata e il canto, ma anche la danza e le arti protette da Apollo e dalle Muse. Solo nelle epoche recenti, con il complicarsi delle regole compositive ed esecutive, si è ingigantito il distacco fra musica e danza, musica e teatro. Ma nelle manifestazioni più origina- rie il suono, come si è detto, si collega al movimento, al gioco espressivo, al canto, ai cerimoniali drammatici. Nell’educazione musicale della nostra epoca solo alcune esperienze didattiche hanno sostenuto e mantenuto questo collegamento.

È il caso dell’educazione ritmica nella quale il fatto musicale rappresenta solo uno degli elementi sui quali far lavorare i bambini, mentre acquistano maggior rilievo la percezione corporea, l’espressione drammatica, il movimento. Nell’educazione ritmica l’uso del corpo e del suono diventano un mezzo educativo, un obiettivo intermedio, restando le finalità generali, non strettamente disciplinari, riferite allo sviluppo complessivo della persona e della sua personalità.”6

Nel leggere le frasi “percezione corporea” o le parole come “movimento” vi è la tendenza ad identificare la ritmica musicale con la ginnastica pura.

“Purtroppo il termine educazione ritmica si presenta denso di equivoci e di ambiguità; di esso ci sono giunte immagini che lo identificano con il movimento ginnico (la ginna- stica ritmica) o con quello coreutico spettacolare (tipo olimpiadi di Los Angeles) o con l’esecuzione di movimenti aggraziati eseguiti a tempo di musica. L’educazione ritmica vorrebbe invece integrare due fondamentali esigenze del bambino, quella musicale e quella motoria. La scelta del termine «ritmica» deriva ovviamente da ritmo. Ma ritmo non inteso come un evento con decorso a due dimensioni, come una linea temporale costituita da simultaneità e successioni. Il termine ritmo ha il significato di successioni ricorrenti di eventi spazio-temporali, viene cioè compresa una terza dimensione, appun- to quella spaziale, legata al movimento. Essa si applica al corpo umano e ad ogni altra vibrazione sonora. L’educazione ritmica è perciò al tempo stesso educazione alla musi- ca e al movimento. J. Dewey ha discusso a lungo in una sua opera famosa il significato e la funzione del ritmo. Egli lo considera la più importante caratteristica del mondo, un elemento naturale che rende possibile l’esistenza stessa della forma artistica. Nello stesso tempo egli appare molto critico su chi sostiene che «una semplice e piuttosto monotona ripetizione di battiti sia il modello e che essa vari con l’aggiunta di altri ritmi ciascuno dei quali è a sua volta uniforme, mentre un certo gusto piccante verrebbe intro- dotto con l’uso del cambiamento aritmico. La ripetizione di unità uniformi a intervalli uniformi non soltanto non è ritmica, ma è contraria all’esperienza del ritmo» (J. Dewey, L’arte come esperienza, Firenze, La Nuova Italia, 1951). Il ritmo è invece uno schema universale di esistenza che sta alla base di ogni realizzazione di ordine nel mutamento e come tale pervade non solo le arti che organizzano eventi temporali (come la musica), ma anche quelle che agiscono nello spazio (come la danza). Il ritmo è una «ordinata variazione di mutamenti» nel tempo e nello spazio.”7

Dunque, ritmica integrale: la conoscenza di essa estende l’ordine e l’armonia all’esistenza stessa ed alle sue molteplici forme. Di fondamentale importanza è la scissione del fatto musicale dal momento corporeo Non bisogna confon- dere il linguaggio musicale con il linguaggio del corpo (danza), nè ridurre l’invenzione musicale a momento di svago senza alcuna relazione intellet- tiva. Il linguaggio musicale ha termini e legami precisi che non possono e non devono essere sottovalutati in nessun modo, a maggior ragione in sede didattica.

Il riferimento alla grammatica tradizionale non può essere evitato: le tendenze di qualche anno fa, che consigliavano lo studio delle partiture di musica contemporanea e lo sviluppo parallelo di nuove partiture prodotte ex- novo sulla base di quelle, possono costituire una base di partenza ma non di arrivo, in alcun caso. Una corretta didattica della musica non può trascurare lo sterminato repertorio classico, base della nostra cultura e di ogni possibile avanguardia. Un insegnamento di tipo elementare, dunque di base, deve ten- dere alla comprensione delle procedure di base, «elementari» appunto; l’ine- vitabilità dello studio della grammatica tradizionale è lapalissiano. Tuttavia, il saper leggere una partitura non è segno di “intelligenza musicale”. Il discorso dovrà sempre essere ampliato, superando i limiti angusti del segno scritto. In particolare, potranno delinearsi tre obiettivi primari, secondo quanto indicato da G.L. Zucchini:

“[...] partendo dalla convinzione, peraltro assodata da tempo e avvalorata da espe- rienze ormai note ‘come - ad esempio - quella del Dalcroze, dell’Orff, ecc.) che la musica non è attività da apprendersi passivamente mediante trasmissioni di regole ed informazioni rigide, ma esige, soprattutto per i bambini, la partecipazione attiva dell’individuo: e tenendo anche conto che tale partecipazione è spesso totalizzante poichè implica corporeità, affettività e conoscenza, gli obiettivi che prenderemo in considerazione come ipotesi per una programmazione tipo potrebbero essere i se- guenti:

Obiettivi cognitivi:

- «capire» il suono e la musica; saper operare discriminazioni sonore ( momento percettivo);
- saper individuare caratteri del suono e riconoscere aspetti musicali specifici (tema, variazione del tema, tipo di ritmo, andamento dei movimenti, ecc.)
- saper attuare relazioni tra i suoni (o musiche) e comportamenti
- saper produrre sequenze musicali, sulla base di logiche e coerenti scelte di materiale sonoro.

Obiettivi affettivi:

- saper ascoltare (autocontrollo ed autodisciplina)
- saper individuare un valore e saperlo accettare (messaggio delle idee, sentimento, forza delle idee espresse in musica, ecc.)
- concettualizzare un valore (definire le caratteristiche dell’opera musicale che si ascolta
- disponibilità a rivedere opinioni e comportamenti mentali tramandati o consueti (es. accettazione di musica contemporanea sulla base di esigenze espressive e comunicative precise, che divergono da quelle tradizionali)
- desumere una caratterizzazione nei giudizi (da una visione specifica di una situazione all’intuizione di una Weltanschauung o «visione del mondo», aperta alla comprensione di ogni fenomeno diverso)
- acquisire comportamenti aperti alla collaborazione con gli altri (socializzazione).
Obiettivi psicomotori:
- avviare un’interazione tra suono-movimento / movimento-suono nel più ampio rapporto tra uomo-suono
- sollecitare ordinatamente ed in modo coerente (senza malintesi ed empirici spontaneismi) comportamenti di comunicazione non verbale, intesi all’uso armonico ed espressivo del gesto (in relazione al suono ed alla musica) e del mimo
- saper impugnare e suonare con disinvoltura strumenti a percussione o di altro tipo
- saper coordinare ritmicamente movimenti e gesti, sia liberamente ideati che orientati a precise forme di comunicazione
- riproduzione del suono mediante la voce: saper produrre suoni diversi con la voce (fonazione, fasce sonore, canto)
- coordinare suono-gesto (mente - occhio - voce - suono).”8

Obiettivi non distanti da quanto richiesto dai nuovi programmi elementari: in particolare si è insistito sulla conoscenza del mondo sonoro soprattutto attraverso concrete esperienze musicali. Educazione all’ascolto mediante la percezione e l’analisi dei suoni non esclusi quelli prodotti dallo stesso corpo umano: la voce come strumento (non usata solo per il canto), il parlare musicale, giochi di gruppo alla scoperta dei timbri e dei ritmi, esecuzione collettiva di facili brani musicali con semplici strumenti a percussione, sviluppo autonomo di brani (esaltazione della creatività) secondo schemi logici, notazione e produzione di semplici partiture.

La musica, dunque, vista come importante attività artistica strettamente correlata con altre attività umane ed essenzialmente come mezzo di espressione e comunicazione universale.

Al di là della pura speculazione, mi sembra di aver raggiunto almeno in parte alcuni degli obiettivi proposti e ciò grazie all’impagabile dialogo svolto con gli stessi bambini, in una dialettica quanto mai costruttiva e ricca di motiva- zioni interiori: e solo chi ha avuto o ha tuttora rapporti didattici con bambini sà quanto può essere ricco e stimolante il loro apporto emotivo. Nella speran- za che almeno una parte di quella esperienza trapeli fra le righe degli aridi ma purtroppo necessari schemi propositivi vorrei concludere ricordando la loro funzione essenziale di traccia cui ogni insegnante dovrà imprimere il proprio personalissimo marchio culturale.

Pescara, 26 Agosto 1988

L’AUTORE

INTRODUZIONE

Queste poche righe non vogliono essere un rigoroso piano di studi: esse in- tendono solo descrivere un itinerario metodologico cui l’insegnante sarà li- bero di attenersi o meno. In particolare, viene ribadita la necessità di lasciare agli alunni la possibilità di apportare varianti alle lezioni ed alle esercitazioni e di accettare qualunque “volo” esplorativo purché attentamente controllato e corretto. Ogni pagina di questo manuale è solo uno spunto verso più ampi dialoghi: dove sarà possibile, si auspica l’uso del registratore magnetico per l’ascolto o la registrazione delle produzioni musicali; e non sarà sgradito l’in- tervento di veri musicisti utili alla conoscenza e all’ascolto degli strumenti a fiato, a corda o a percussione.

Il volume consta di otto parti di difficoltà progressiva con

25 lezioni,100 tavole (172 schemi) e 13 brani d’insieme. Le prime due parti sono particolarmente dedicate ai bambini della prima classe; le parti terza / ottava si rivolgono ai bambini della seconda classe; l’ultima parte comprende delle schede da ritagliare, utili per una più attiva partecipazione dell’intera classe. Ogni parte è ulteriormente suddivisa in sezioni secondo il seguente schema:

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Ogni sezione mira ad un obiettivo ben preciso: di seguito sono elencate le finalità per ogni lezione o gruppo di tavole per le sette parti principali:

PARTE PRIMA

- Lezione 1: Educazione all’ascolto: la percezione sonora;

- Lezione 2: Riconoscimento e discriminazione di suoni onomatopeici;
- Lezione 3: Coscienza e sperimentazione delle possibilità sonore del corpo umano;
- Lezione 4: Lo strumento “voce”: esecuzione e notazione;
- Lezione 5: Ideazione e costruzione di uno strumento musicale;
- Lezione 6: Discriminazione timbrica;
- Lezione 7: Dettato timbrico;
- Lezione 8: Riconoscimento, discriminazione e collegamento di suoni onomatopeici;
- Lezione 9: Analisi dell’intensità sonora;
- Lezione 10: Riconoscimento del piano e del forte: l’escursione dinamica;
- Lezione 11: Educazione all’ascolto: analisi timbrico - vocale;
- Lezione 12: Variazioni d’intensità su timbri diversi;
- Lezione 13: Partitura timbrico - dinamica;
- Lezione 14: Dettato timbrico - dinamico;
- Lezione 15: Analisi ritmica;
- Lezione 16: Conoscenza di alcuni strumenti a percussione: confronto ed analisi timbrica;
- Lezione 17: Conoscenza di alcuni strumenti a percussione: confronto ed analisi timbrica;
- Lezione 18: Dettato timbrico;
- Lezione 19: Discriminazione timbrica complessa;
- Lezione 20: Variazioni di frequenza dei corpi vibranti: l’altezza;
- Lezione 21: Dettato melodico;
- Lezione 22: Riconoscimento di scansioni ritmiche binarie;
- Lezione 23: Riconoscimento di scansioni ritmiche ternarie;
- Lezione 24: Organizzazione del materiale sonoro;
- Lezione 25: Notazione di partiture complesse.

PARTE SECONDA

- Tavole 1/4: Esercitazioni strumentali su tempi quaternari; strumenti: penna
- mano / suoni puntiformi;
- Tavole 5/8: Esercitazioni strumentali su tempi quaternari; strumenti: piattini - mano / suoni lunghi - misti;
- Tavole 9/13: Esercitazioni strumentali su tempi quaternari; strumenti: piat- tini - mani - nacchere - misti;- Tavole 14/16: Esercitazioni strumentali su tempi quaternari; strumenti: nacchere - piattini - bastoncini - penna alterni nella stessa battuta;
- Tavole 17/21: Esercitazioni strumentali su tempi quaternari; strumenti: piattini - mani - nacchere - bastoncini - maracas - penne - triangolo - misti.

PARTE TERZA

- Tavola 22: Stanghetta - battuta - semiminima; strumenti: mani;
- Tavola 23: Pausa di semibreve; strumenti: mani - penne;
- Tavola 24: Pausa di minima; strumenti: mani - penne;
- Tavole 25/26: Sincope; strumenti: mani - penne - nacchere;
- Tavola 27: Minima - ritornello - valori misti; strumenti: mani - nacchere;
- Tavole 28/30: Dettato ritmico;
- Tavola 31: Valori misti su tempi quaternari - Frasi di 6 battute; strumenti: mani - nacchere - bastoncini;
- Tavole 32/33: Semibreve - Valori misti su tempi quaternari - Frasi di 6 battute; strumenti: piattini - nacchere - maracas - bastoncini - mani.

PARTE QUARTA

- Tavole 34/41: Brani d’insieme n. 1/8: Partiture insegnante;
- Tavola 42: Brani d’insieme n. 1/4 - Spartiti nacchere;
- Tavola 43: Brani d’insieme n. 5/8 - Spartiti nacchere;
- Tavola 44: Brani d’insieme n. 1/4 - Spartiti bastoncini;
- Tavola 45: Brani d’insieme n. 5/8 - Spartiti bastoncini;
- Tavola 46: Brani d’insieme n. 1/4 - Spartiti maracas;
- Tavola 47: Brani d’insieme n. 5/8 - Spartiti maracas;
- Tavola 48: Brani d’insieme n. 1/4 - Spartiti piattini;
- Tavola 49: Brani d’insieme n. 5/8 - Spartiti piattini.

PARTE QUINTA

- Tavole 50/53: Pausa di semiminima - Esercitazioni con strumenti a piacere;
- Tavole 54/57: Pausa di semiminima e valori misti - Tutti gli strumenti;
- Tavole 58/60: Misure binarie - ternarie - miste - strumenti a piacere;

PARTE SESTA

- Tavola 61: Monogramma (Do - Re - Mi - Fa);
- Tavola 62: Brano d’insieme n. 9: tutti gli strumenti + clavietta ( o metallofono) - Parte per insegnante e alunni;
- Tavole 63/64: Brano d’insieme n. 10:
Tavola 63: Variazioni per clavietta;
Tavola 64: Partitura (insegnante - alunni);
- Tavola 65: Chiave di violino - Digramma (Do - Re - Mi - Fa - Sol - La);
- Tavole 66/73: Brano d’insieme n. 11:
Tavola 66: clavietta - metallofono; Tavola 67: nacchere - bastoncini; Tavola 68: maracas;
Tavola 69: triangolo; Tavola 70: piattini;
Tavole 71/73: partitura insegnante.

PARTE SETTIMA

- Tavole 74/75: Il Pentagramma - Note sui righi e negli spazi - Il Do centrale
- Il Re sotto il rigo - Il Sol sopra il rigo - Scrivere il nome delle note;
- Tavole 76/79: La legatura - Strumenti liberi;
- Tavole 80/88: Brano d’insieme n. 12:

Tavola 80: Clavietta / Metallofono; Tavola 81: Nacchere / Bastoncini; Tavola 82: Maracas;

Tavola 83: Triangolo; Tavola 84: Piattini;

Tavole 85/88: Partitura insegnante;

- Tavole 89/90: La croma - Esercitazioni su strumenti liberi;
- Tavole 91/100: Brano d’insieme n. 13:

Tavola 91: Clavietta I / Clavietta II; Tavola 92: Clavietta - Metallofono I; Tavola 93: Clavietta - Metallofno II; Tavola 94: Maracas;

Tavola 95: Nacchere - Bastoncini; Tavola 96: Piattini;

Tavole 97/100: Partitura insegnante.

Nell’ultimo brano d’insieme vengono utilizzate due claviette, una per la par- te melodica ed una per l’accompagnamento. Si tratta di un brano certamente complesso: tuttavia, se la classe avrà seguito con profitto le esercitazioni orchestrali non troverà difficoltà insormontabili nell’esecuzione finale. Si raccomanda, infine, di stimolare il più possibile i bambini alla creazione ed organizzazione di brani originali di difficoltà relativa al livello raggiunto.

Le schede da ritagliare sono collegate alle lezioni o alle tavole osservando le seguenti corrispondenze:

- Scheda 1: Lezioni 1/4;
- Scheda 2: Lezioni 5/8;
- Scheda 3: Lezioni 9/15;
- Scheda 4: Lezioni 16/19;
- Scheda 5: Lezioni 20/25;
- Schede 6/7: Tavole 1/4;
- Schede 8/9: Tavole 5/8 e segg.;
- Scheda 10: Tavola 22;
- Scheda 11: Tavola 23 e segg.;
- Scheda 12: Tavola 61;
- Scheda 13: Tavola 62 e segg.;
- Schede 14/15: Tavole 89 e segg.

L’uso dei talloncini e la preparazione di nuove schede da ritagliare con nuovi simboli ( soprattutto nella preparazione delle partiture a suoni liberi ) sarà un momento di vero interesse, ancor più formativo se sarà seguito da una con- versazione - dibattito sulle scelte compositive e grafiche effettuate. Infine, la lettura delle note specifiche, che precedono sempre i passaggi più complessi, renderà più chiari alcuni concetti soprattutto nella prima utilizzazione del volume.

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[...]


1 Silvano Sansuini, Pedagogia della musica, Feltrinelli, Milano 1978; capitolo Educazione musicale e creatività..

2 Silvano Sansuini, op. cit.

3 Silvano Sansuini, op. cit.

4 Gian Luigi Zucchini, L’educazione al suono e alla musica, Quaderni di scienze pe- dagogiche e dell’educazione, Anno XXX - n. 5, maggio 1986, Magistero, Bologna.

5 Silvano Sansuini, op. cit.

6 Penny Ritscher, Gianfranco Staccioli, Giocare la musica, Proposte per una educazione musicale e motoria di base, Ed. La Nuova Italia, Firenze, 1986.

7 Penny Ritscher, Gianfranco Staccioli, op. cit.

8 G.L. Zucchini, op. cit.

Excerpt out of 223 pages

Details

Title
Educazione al Suono e alla Musica
Course
Base
Grade
1
Author
Year
2018
Pages
223
Catalog Number
V430241
ISBN (eBook)
9783668769847
ISBN (Book)
9783668769854
File size
1514 KB
Language
Italian
Notes
Copia anastatica I Edizione 1988
Keywords
educazione, suono, musica, esercitazioni, elementari, didattica, base
Quote paper
Dr. Piero T. de Berardinis (Author), 2018, Educazione al Suono e alla Musica, Munich, GRIN Verlag, https://www.grin.com/document/430241

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