Il mostro e la folla. Qualche esempio di deformità e falsa accettazione nella cultura europea tra ‘800 e ‘900


Scientific Study, 2015

29 Pages


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Contenuto

Capitolo I. Premesse e comparazioni... 2

Capitolo II. Il fakiro multiforme e la bella addormentata.. 9

Capitolo III. L’elefantiasi degli autori moderni (e post…)... 15

Capitolo IV. Un rituale di fine e una violazione d’inizio... 25

Capitolo I. Premesse e comparazioni

Si può discutere, con qualche pretesa di semplicità, delle premesse di un paradigma di diversità nel campo letterario ottocentesco? La risposta non è facile, perché a tale desiderio si oppongono numerose difficoltà di tipo ideologico (la diversità intesa come valore vs. l’approccio perfezionistico, che rifiuta la diversità) e soprattutto pratico: bisogna infatti chiedersi che senso abbia parlare di diversità quando la chiostra dei personaggi è comunque costruita, nel racconto moderno, attraverso un tessuto di contrapposizioni bene/male. La diversità, in questo contesto, è rappresentata dalla deformità: e tuttavia, non una deformità qualsiasi, non una differenza che sia quasi invisibile all’occhio umano o una modificazione di tipo psicologico che renda mostruoso il comportamento di chi la possiede. Qualcuno ha detto che la ragione genera mostri, ma quale peggior mostro di chi la rifiuta o di chi si pone, verso di essa, con un atteggiamento di finta compassione (laddove per tale si intende anche una compassione tradotta a livello squisitamente politico)? Nell’Ottocento, che è il “locus princeps” della nostra indagine, v’era chi suddivideva, a livello logico, le deformità dalle mostruosità [1]. Giuseppe Barbieri ebbe a sostenere, ad esempio, che esistevano due scuole di pensiero:

"[…] I primi sosteneano che un organismo, il quale differisce dalla solita simmetria della alla specie, per quanto poco abbia di varietà, è sempre più, o meno vizioso:– che tutto ciò che è vizioso è deforme:– che tutto ciò che è deforme è anche più o meno mostruoso. – Che se in alcuni pochi uomini queste tali viziosità non tolsero la possibilità della continuazione del vivere, anche senza stento di patimenti, appunto in questa medesima straordinaria avventura c’avea qualche cosa di strano, e di mostruoso: e finalmente che, se le differenze di simmetria nulla più costituissero che varietà della specie, queste varietà non sarebbero tanto rare a vedersi quanto per altro lo sono, giacché non possono dipendere da causa alcuna estranea all’uomo, com’è il colore della pelle, il quale è bensì una varietà nella specie umana; ma che può dirsi superficiale, ed avventizialmente derivante da cause accidentali, e tutte fuori dell’uomo. Opponevano gli altri che, poiché queste varietà di strutturazione niente turbavano la regolarità delle funzioni, e poiché gli uomini cosi organizzati viveano per ogni rapporto egualmente bene che gli altri, la simmetria loro non poteva dirsi viziosa per questo appunto che non ne risultava vizio, o stranezza di sorte alcuna:– che il fatto medesimo negava la pretesa mostruosità nella loro esistenza, mentre il vivere di un uomo sanamente in modo ordinario non inchiude mostruosità:– che le varietà nella interna simmetria organica non sarebbero probabilmente tanto rare a vedersi dove fosse in costume l’incidere un numero di cadaveri assai maggiore di quello che è praticato nella universa terra abitata:– che come alcuni uomini foggiati al rovescio di noi sono vissuti sani, e longevi cosi potrebbe vivere anche una intera nazione di eguale strutturazione, fatta al rovescio della nostra ordinaria […]."

Il Barbieri continua ammettendo nella discussione un argomento estremamente interessante:

"[…] Deformità in un Animale nomineremo le sconciature, ossia sformazioni non rare a vedersi, come sono le Macchie, o Nevi; la gibbosità; le deviazioni delle ossa; le ineguaglianze o sproporzioni del tronco con gli arti, o di tutti, o di alcuno di questi, relativamente a quello, od infra di loro medesimi; od altrettali stranezze nella configurazione, le quali per altro gravemente non interessino, molestino, o tolgano gli esercizj ordinarj della vita comune. Nelle Deformità adunque, nel senso nostro almeno, non havvi nè mancanza, nè eccesso nel numero delle parti; ma unicamente straordinarietà nella forma. Mostruosità diremo quelle sole strutturazioni esterne, od interne le quali, oltre alla rarità loro, rendono difficile, molesta, od impossibile la pratica degli esercizj ordinarj della vita comune. Laonde Mostruosità saranno que’ casi solamente ne’ quali, oltre alla insolita configurazione, vi ha mancamento, ovvero eccedenza nel numero ordinario delle parti, relativamente alla specie alla quale l’Animale mostruoso appartiene […]."

Questa sostanziale differenza è decisiva e verrà da me presa come riferimento metodologico, ovviamente (e strutturalmente) nei termini ideologici coevi al periodo in cui i fatti appaiono descritti, anche sulla base del fatto che, a quell’epoca, gli uomini

" […] si sentono commossi più dalle Deformazioni de’ loro simili, quantunque piccole, di quello che dalle Mostruosità le più sconce negl’individui di una specie diversa dalla propria. Certo che gli uomini sono meno agitati nell’animo alla comparsa di qualunque mostruosità nelle piante, che alla veduta di una lieve deformazione nelle bestie, perché l’umano sentimento illanguidisce quanto più il Mostro sta lontano nell’ordine degli Esseri. Cosi è che i filosofi assai di rado, e superficialmente hanno riflettuto alla formazione graduata delle mostruosità ne’ vegetabili, dal riflettere alle quali con le osservazioni, e deduzioni loro avrebbero poi potuto, a mano a mano inoltrandosi, riferirsi ai casi di mostruosità negli Animali, e di qua finalmente meditare, ed innalzarsi allo studio delle recondite maniere con le quali essi hanno origine, e causa […]."

La posizione del Barbieri è certo icastica, nella sua semplicità. In altri casi, la medicina ottocentesca aveva un atteggiamento assai analitico rispetto a tali problemi; ne è testimonianza quest’affermazione di Giuseppe Generali, il quale – attorno al 1860, sosteneva che “[u]n mostro presenta, o la mancanza di certe parti, oppure una modificazione che è il risultato d’un vizio nella disposizione e nella struttura delle parti, e l’azione anormale che ne risulta può condurre alla conoscenza dell’azion naturale […]”[2]. Il Generali, con il puntiglio del fisiologo, continuava affermando che

"[…] La natura non giuoca, non ha dei capricci: ella è sempre egualmente ordinata. Che se qualche volta ella sembra per mettersi qualche capriccio, qualche deviazione, ciò accade perché la nostra debole intelligenza non conosce per forza di quali leggi la natura abbia così agito. Che se nelle mostruosità ella ha sembrato allontanarsi dalle solite sue leggi, si è perché altre leggi hanno comandata un’altra direzione, di modo che la regolarità e l’ordine esistono ancora là dove si credeva vedere irregolarità, e disordine […]."

Per il Generali, che proponeva una terapia chirurgica onde sanare quelle imperfezioni corporee che fossero più evidenti,

"[…] le mostruosità, o le aberrazioni dal tipo fondamentale negli esseri organici, sono fenomeni soggetti alle leggi invariabili della natura, non diverse forse da quelle che regolano gli ordinari sviluppi, ma solo complicantesi fra loro. Una prova la possiamo ricavare dal fatto, che l’umana industria è arrivata a potere artificialmente dare origine a certe mostruosità negli animali, sottoponendo i germi di nuovi sviluppi all’influenza di determinate cagioni, che ne fanno aberrare la conformazione tipica in ispeciali maniere, e dare origine di questa guisa a speciali deformità. Devesi però convenire che poco innanzi è proceduto questo ramo sperimentale, atteso le difficoltà di bene stabilire le leggi che presiedono, e le cause che determinano la formazione di una piuttostoché di un'altra anomalia. […] In seguito di quali elementi, [...], il chirurgo dovrà egli risolvere questa prima e difficile quistione, se l’operazione è possibile ed utile, poi l'altra non meno importante, quale sarà il metodo di cura più acconcio per assicurarne il successo? Evidentemente, [...], gli insegnamenti del passato sono qui per lui quasi completamente nulli: come dedurre delle regole un po' precise, od anche delle semplici indicazioni da un così piccol numero di fatti, piuttosto accennati che riferiti dagli autori, e di cui l'autenticità non è sufficientemente garantita? Qui dunque il chirurgo dovrà essere egli stesso il creatore delle sue regole di condotta e dei suoi metodi. Ma creare, inventare, non è determinarsi senza elementi prima acquistati, non è costruire senza materiali […]."

Le incertezze in questo campo, dunque, erano all’ordine del giorno, ma si vedrà più avanti che la definizione dell’ambito clinico di certe malattie totalmente invalidanti e deformanti non è semplice neppure oggi, pur con tutti i sussidi che la conoscenza offre al ricercatore e al medico. Il Generali, citando le empiriche suddivisioni di Étienne Geoffroy Saint-Hilaire [3] ", elenca minuziosamente tutte le tipologie di mostruosità presenti in natura, utilizzando un paradigma del tutto alieno alla scienza odierna e consistente nell’elencazione secondo le fattezze fisiche, non in base alle diverse malattie, contratte o congenite esse siano. Tra una soluzione evoluzionistica e un approccio organico, il cattolico Generali ovviamente sceglie quest’ultimo:"

"[…] La natura provvidenziale fece opera certamente ammiranda per sottrarre lo sviluppo dell'ovulo, la successiva formazione dell'embrione e la vita del feto all’azione delle cause fisiche, meccaniche, traumatiche, circondandolo con un’atmosfera liquida; tuttavia e questa può in gran parte difettare , oppure le cagioni possono essere di tanta forza e sì svariate nelle loro azioni, che alcuna volta non può a meno il nuovo essere di pienamente sottrarsene. E v’ha di più: come può non sentire l’influenza di tante altre cause organiche, talora pronte a manifestare la loro malefica influenza? Accettando questa opinione quasi tutte le deformità si possono riferire ad una malattia qualunque, orditasi durante la vita intrauterina, che le abbia originate, e la maggior parte di esse mostruosità conservano le traccie dell’affezione di cui furono e sono un effetto dispiacevole […]."

Secondo il medico modenese, neppure in campo teratologico l’evoluzione può essere accettata, soprattutto per motivi di tipo quasi medievistico che, a ben vedere, con la scienza non hanno nulla a che fare:

"[L]a teoria così detta dell'evoluzione e quindi l'esistenza dei germi mostruosi all'atto della prima creazione, locché ripugna al buon senso, senza, come pretenderebbero i sostenitori di tale teoria, volere ingiuriosamente limitare la potenza del Creatore col credere che desso debba agire sempre su di uno stesso piano; o si ammetterebbe la teoria dell'epigenesi, ed allora non si allontana e non si abbandona il principio delle alterazioni accidentali, quali cagioni delle mostruosità. E diffatto nella teoria dell'epigenesi i germi vanno considerati come il prodotto di una secrezione particolare delle ovaje e tale secrezione non può e non deve deviare dallo stato naturale ed ordinario che per effetto di cause accidentali e specialmente organiche […]."

Sulla base di questi principi, il Generali trova una nobile motivazione che deve spingere l’uomo mostruoso a farsi curare (e il medico diligente a prestare l’opera sua per mitigare le sue condizioni):

"[…] Se si danno mostruosità, le quali realmente non cagionano fisici disturbi, non alterano menomamente le funzioni organiche e si consociano colla più florida costituzione e salute, possono però apportare dei danni morali fecondi di tristi conseguenze, ed anco a questi deve attendere l'uomo dell'arte. È dovere del medico l'indagare le molle delle passioni e conoscere il cuore umano; e ne faccio appello agli uomini grandi che se ne occuparono […]."

Una giovane donna mostruosa, si chiede il Generali citando la De Stael e il Descuret [4], non avrebbe forse dovuto

"trovarsi avvilita e mortificata per la sua deformità, non doveva ella sentire gli effetti delle passioni assai vivaci nella sua giovane età, non doveva il suo amor proprio, la sua connaturale vanità essere colpita da questo infortunio, non doveva ella sentirne gli effetti specialmente fatta pubere? […] Non doveva essere una spinta a questo divisamento il vedersi mostrata a dito, il dover sempre studiarsi di occultare ad ogni sguardo il suo volto, mentre pur doveva sentire il bisogno di essere adocchiata con sguardo di desiderio? Madama di Stael scriveva che l'amore è la storia della vita della donna, mentre che non è che un episodio in quella dell'uomo. Nulla di più vero, aggiunge il Descuret: per la donna amare ed essere amata è la suprema felicità, il supremo bene. Togli l'amore tutto si scolora, tutto intristisce attorno a lei; per esso e con esso vuol piacere: la bellezza, il brio, le grazie, la gioventù non hanno a’ suoi occhi altro pregio fuorché quello di poter ispirare amore: ma guai alla donna che perde questi vantaggi e che non sa metter la ragione nel luogo del cuore; la vita allora non ha per lei altro che amarezze […]."


[1] Cfr., ad esempio, De’ Feti Animali Mostruosi. Memoria di Giuseppe Barbieri Medico Veronese. Verona. Tipografia Tommasi Editrice. 1827, p. 7: “[…] la specie delle Deformità dalla specie delle Mostruosità non è ancora dall’universale consenso degli uomini con precisione determinata, e stabilita [….]”. Dal testo succitato vengono le citazioni successive. Quanto al non meglio identificato Giuseppe Barbieri, si può soltanto dire che egli era medico operante a Verona e nel trevigiano nella prima metà del XIX secolo e che fu autore di alcuni volumi di idrologia medica e teratologia.

[2] Cfr. “Descrizione di un Caso di Teratologia e Annotazioni Relative. Memoria del Sig. Professore Giuseppe Generali Letta nell’Adunanza del 10 Gennaio 1859”, in Memorie della Regia Accademia di Scienze, Lettere e d’Arti in Modena. Tomo IV. Modena. Tipografia degli Eredi Soliani. 1862 (da cui si traggono le citazioni successive). Sul Generali (? – 1873), all’epoca professore di anatomia patologica nell’ateneo modenese, cfr. E. Corradini, “Percorsi di valorizzazione per i Musei Anatomici di Modena: il Museo Ostetrico, il Museo Anatomico, il Museo Etnografico Antropologico e il Museo di Medicina Tropicale”, in Museologia Scientifica, 1/2 (2011), pp. 97 – 108, con qualche scarna notizia a p. 103.

[3] Sul Geoffroy Saint-Hilaire (1772 – 1844), fondatore dell’anatomia comparata, cfr. C. Collins Cook, “Neglected ancestors: Etienne and Isidore Geoffroy Saint-Hilaire”, in Paleopathology newsletter, 116 (2001) pp. 17 – 21; e soprattutto A. Morin, “Teratology. From Geoffroy Saint-Hilaire to the present”, in Bulletin de l'Association des anatomists, 80 (1996) pp. 17 – 31.

[4] Su Jean Baptiste Félix Descuret (1795 – 1871), medico francese attivo nella prima metà dell’Ottocento e fondatore della medicina psicosociale, si veda l’ormai vecchio G. Aulisio, Una smentita e plagio del libro del Descuret, Napoli, Nicola Jovene, 1880, passim. Il testo a cui evidentemente si riferisce il Generali (la La médecine des passions ou Les passions considérées dans leurs rapports avec les maladies, les lois et la religion del 1841) ebbe una traduzione italiana nel 1844 (e cfr. La Medicina delle Passion. Ovvero le Passioni Considerate Relativamente alle Malattie, alle Leggi e alla Religione. Per G.B.F. Descuret, Dottore in Medicina ed in Lettere dell’Accademia di Parigi etc. Firenze. Alcide Parenti Editore. 1844).

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Details

Title
Il mostro e la folla. Qualche esempio di deformità e falsa accettazione nella cultura europea tra ‘800 e ‘900
College
University of Chieti-Pescara  (Dipartimento di studi medioevali e Moderni)
Author
Year
2015
Pages
29
Catalog Number
V303609
ISBN (eBook)
9783668022379
ISBN (Book)
9783668022386
File size
659 KB
Language
Italian
Notes
Rielaborazione finale, sotto forma di volumetto, di una conferenza tenuta presso l'Auditorium "Le Crocelle" di Chieti il 17 maggio 2006.
Keywords
qualche
Quote paper
Giorgio Pannunzio (Author), 2015, Il mostro e la folla. Qualche esempio di deformità e falsa accettazione nella cultura europea tra ‘800 e ‘900, Munich, GRIN Verlag, https://www.grin.com/document/303609

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