Alcune considerazioni su Nagib Mahfuz e le sue opere

Biografia e opere del grande Premio Nobel arabo


Essay, 2013

66 Seiten, Note: 1


Leseprobe


Indice

Dedica

0. Introduzione

1. La vita di Nagib Mahfuz inquadrata all’interno delle vicende socio-politiche dell’Egitto del Novecento

2. Breve analisi di alcune opere dell’autore
2.1. Il caffè degli intrighi
2.2. Il ladro e i cani
2.3. Il nostro quartiere
2.4. Chiacchiere sul Nilo
2.5. Episodio Ahmed e Suzanne tratto da as-sokkariya

3. Traduzione italiana dei primi due capitoli di Tharthara fouq al-Nil

4. Conclusione generale

5. Bibliografia
5.1. Lista delle opere di Nagib Mahfuz
5.2 Testi su Nagib Mahfuz, sulla letteratura araba contemporanea e sull’Egitto del periodo del nostro autore e altri testi utilizzati per la comprensione delle tematiche affrontate dall’autore

Dedica

Dedico il presente saggio alla mia famiglia,

ai miei amatissimi bambini, a mio marito Aygun e a tutti coloro

che mi hanno offerto il loro sostegno nei miei lunghi anni di studio e di ricerca.

Fonte dell ’ immagine riprodotta a pagina 3:

www.123rf.com , numero # 8198021

Introduzione

In questo breve saggio sul grande letterato egiziano e premio Nobel Nagib Mahfuz (1911- 2006), da noi redatto nel 2003 e ora rielaborato in occasione del venticinquesimo anniversario del suo premio Nobel del 1988, vorremmo cercare di presentare al pubblico italiano alcuni aspetti salienti della biografia e delle principali opere di questo grande autore. A nostro avviso, Mahfuz rappresenta un intellettuale moderno, difficilmente comprensibile nel suo atteggiamento politico, da una parte liberale e socialmente impegnato e dall’altra di sostenitore passivo di una dittatura quale quella nasseriana, profondamente egiziano e anche in un certo senso nazionalista e anti-islamista, motivo per cui divenne anche vittima di un attentato nel 1994, e soprattutto metropolitano. Alcuni islamisti, a nostro avviso a torto, lo paragonano persino con Salman Rushdie, l’autore del controverso romanzo Versi satanici1, e lo definiscono persino ateo, anche se Mahfuz non ha mai negato di essere musulmano, dimostrando un profondo rispetto per l’Islam, anche se prima di tutto si definiva egiziano.

Un altro aspetto della sua personalità in un’epoca travagliata2 dalle crisi politiche a livello nazionale ed internazionale, dai nazionalismi e dalle dittature, dal neocolonialismo3 e dall’occidentalismo, come lo era il Novecento, risiede comunque nell’evasione letteraria dalla realtà politica come reazione di indignazione e delusione dinnanzi alla violenza e ingiustizia che caratterizza le vicende del suo paese. Come scrive il critico Jan Brugman, quando dice che “apart from the rather vague denomination of Egyptian realism Nagib Mahfuz cannot be classified with any one specific school”4, nel caso di Mahfuz siamo comunque dinnanzi a un autore inclassificabile e dunque da rispettare in tutti i suoi aspetti poliedrici e variegati, in quanto non si può mettere in relazione con una certa scuola letteraria o un certo orientamento filosofico.

Nel primo capitolo di questo saggio cercheremo di ricostruire vita e opere dell’autore, collocandole all’interno delle vicende storiche del suo Paese, l’epicentro della sua scrittura e del suo pensiero.

Vista la mole delle sue opere e delle tematiche in esse affrontate, nel nostro secondo capitolo abbiamo optato per la presentazione di alcune operette per dare qualche idea al lettore italiano delle tematiche in esse affrontate e di tradurre poi due capitoli dell’opera Tharthara fouq al-Nil.5 Cerchiamo anche di offrire alcuni spunti riguardanti percorsi interpretativi di letteratura comparata, visto che siamo dell’idea che i lavori di ricerca in questa direzione possano contribuire al dialogo interculturale con il mondo arabo e la sua letteratura ancora poco conosciuta dal pubblico italiano, nonostante gli sforzi di numerosi arabisti e la presenza di diverse traduzioni di Nagib Mahfuz in lingua italiana.6

Il nostro lavoro persegue unicamente l’obiettivo di offrire spunti di riflessione ai lettori italiani per approfondire le tematiche affrontate dall’autore e farsi un’idea della sua visione del mondo improntata, da una parte, al realismo e, dall’altra, al gioco creativo della fantasia e dei destini umani della grande città, per cui alcuni critici ritengono Mahfuz faccia parte del genere letterario cosiddetto delle metropoli, come Alfred Döblin, autore di Berlin Alexanderplatz,7 Charles Dickens,8 James Joyce9 e Thomas Mann, autore dei Buddenbrooks,10 per citare alcuni esempi. La metropoli del Cairo quale poliedrico microcosmo si eleva a dimensione simbolica universale, ritornando poi nuovamente verso se stesso, senza mai perdere il vero fulcro realistico che veramente conta per il grande romanziere. Ecco l’aspetto che più ci affascina in lui, oltre al grande potenziale che i suoi scritti offrono nell’ambito della letteratura comparata oggi.

Passiamo ora alla breve ricostruzione della sua biografia, inserita nella storia dell’Egitto del Novecento, caratterizzato dal colonialismo e dalla dittatura e dalle visioni del mondo conflittuali sposate dai suoi cittadini, personaggi dei numerosi romanzi e racconti brevi dell’autore.

1. La vita di Nagib Mahfuz inquadrata all’interno delle vicende socio-politiche dell’Egitto del Novecento

Nagib Mahfuz nacque nel 1911 al Cairo, figlio di un impiegato. E’ uno dei più famosi scrittori e saggisti egiziani del Novecento, e il primo autore arabo a essere insignito del Premio Nobel per la letteratura nel 1988, suscitando accese polemiche. Da una parte, sorse infatti una disputa sul piano nazionalista (sull’aspetto se l’autore fosse solo egiziano o anche arabo) e, dall’altra, su quello religioso. La discussione politica si incentrava sul fatto che il nostro autore avrebbe solo ottenuto il premio Nobel per essere stato sostenitore del presidente Sadat, il fautore della pace con Israele, e per la sua visione critica dell’Islam, espressa in alcune delle sue opere, tesi che non condividiamo, anche se, ovviamente, il suo spirito liberale e aperto lo rende più accessibile ai lettori europei. L’Accademia Svedese delle Lettere, durante la premiazione motivò la propria scelta affermando che “through works rich in nuance — now clear-sightedly realistic, now evocatively ambiguous — (Mahfuz) has formed an Arabic narrative art that applies to all mankind.”11,

Riportiamo qui di seguito il discorso di Nagib Mahfuz in occasione della premiazione, letto dal suo giovane amico scrittore Muhammed Salmawy, in cui ritroveremo molte risposte ai quesiti da noi trattati nel nostro breve saggio, un elogio alla dignità umana, una negazione fondamentale di guerra, sopraffazione e violenza e l’affermazione dell’individualità dell’essere umano, oltre che sul piano linguistico una dichiarazione d’amore alla lingua araba e al suo stile sublime:

“ Signore e Signori, vorrei ringraziare l'Accademia di Svezia e il suo comitato per il riconoscimento dei miei sforzi prolungati e costanti e vorrei pregarvi di ascoltare con tolleranza il mio discorso, in quanto esso è in una lingua sconosciuta a molti di voi. Esso è per ò il vero vincitore del Premio. Perci ò lasciate che la sua melodia fluttui per la prima volta nella vostra oasi di cultura e civilt à . Ho grandi speranze che questa non sia l'ultima volta e spero che gli scrittori della mia nazione abbiano il piacere di sedersi a pieno merito tra i vostri scrittori internazionali che hanno diffuso la fragranza della gioia in questo nostro mondo pieno di amarezze. Un giornalista estero mi disse al Cairo che nel momento in cui fu pronunciato il mio nome per il Premio cadde il silenzio e molti si domandavano chi io fossi. Permettetemi quindi di presentarmi nel modo pi ù oggettivo e umano possibile. Sono il figlio di due civilt à che, in un certo momento della storia, si sono unite in un matrimonio felice. La prima di esse, datata 7.000 anni, è la civilt à dei Faraoni; la seconda, datata 1.000 anni, è la civilt à islamica.12 Forse non c' è bisogno di presentarvi nessuna delle due, poich é voi siete l' è lite della cultura. Ma non c' è nulla di male in un semplice ricordo, nella nostra situazione di conoscenza e comunione.

Non parler ò delle conquiste delle civilt à dei Faraoni n é della nascita degli imperi. Grazie a Dio, questo è diventato un ricordo stantio che mette a disagio la coscienza moderna. Nemmeno parler ò della scoperta dell'esistenza di Dio e della sua introduzione nell'alba della civilt à umana. E' una lunga storia e non c' è nessuno di voi che non conosca il re-profeta Akhenaton.13 Non parler ò dei successi di questa civilt à nell'arte e nella letteratura e dei suoi noti miracoli: le Piramidi, la Sfinge e Karnak, dal momento che chi non ha avuto la fortuna di vedere questi monumenti ha letto di loro e ha riflettuto sulle loro forme.

Permettete allora che vi introduca la civilt à dei Faraoni con quella che sembra una storia del tempo in cui le mie circostanze personali mi hanno destinato a diventare un narratore. Ascoltate allora questo episodio storico: gli antichi papiri riferiscono che il faraone era venuto a conoscenza di una relazione colpevole tra alcune donne dell'harem e uomini della sua corte. Ci si aspettava che li facesse giustiziare, secondo lo spirito del suo tempo. Invece, egli convoc ò alla sua presenza degli scelti uomini di legge ai quali chiese di investigare su quanto egli aveva scoperto. Egli disse loro che voleva la Verit à per potere eseguire la condanna con Giustizia.

Questo modo di comportarsi è , secondo me, più grande rispetto alla fondazione di un impero o alla costruzione delle Piramidi. La dice di più sulla superiorit à di quella civilt à rispetto ad ogni ricchezza o splendore. Ora quella civilt à se ne è andata - è solo una storia del passato. Un giorno sparir à anche la grande Piramide. Ma Verit à e Giustizia rimarranno finch é l'Umanit à avr à una mente speculativa e una coscienza viva.14

Per quanto riguarda la civilt à Islamica non parler ò del suo appello per stabilire un'unione tra l'Umanità tutta sotto la protezione del Creatore, basata sulla libertà , l'uguaglianza e il perdono. E nemmeno parlerò della grandezza del suo profeta, poiché tra i vostri pensatori ci sono coloro che lo considerano il più grande uomo della storia.15 Non parlerò delle sue conquiste che hanno fatto erigere migliaia di minareti che richiamano al culto, alla devozione ed al bene attraverso vasti territori che vanno dai dintorni dell'India e della Cina fino ai confini della Francia. Non parlerò neanche della fraternità tra religioni e razze che è stata raggiunta nel suo abbracciare uno spirito di tolleranza sconosciuto all'Umanità sia prima sia adesso.

Presenterò invece questa civiltà in una situazione drammatica riassumendo uno dei suoi tratti più notevoli: in una battaglia vittoriosa contro Bisanzio i prigionieri di guerra furono restituiti in cambio di una quantità di libri del retaggio filosofico, medico e matematico dell'antica Grecia. Questa è una testimonianza del valore dello spirito umano nella sua richiesta di conoscenza, anche se chi chiede è un credente in Dio e chi offre è un frutto di una civiltà pagana.

Fu il mio destino, signore e signori, essere nato in seno a queste due civiltà , di assorbire il loro latte e di nutrirmi della loro letteratura e della loro arte. Poibevvi il nettare della vostra ricca ed affascinante cultura. Dall'ispirazione di tutto questo -ed anche dalle mie ansietà - le parole sgorgarono da me. Queste parole hanno avuto la fortuna di meritare l'apprezzamento della vostra onorata Accademia che ha coronato il mio sforzo con il grande Premio Nobel. Grazie a nome mio ed a nome di quei grandi defunti costruttori che hanno fondato le due civiltà .

Signore e signori, voi potete chiedervi: quest'uomo venuto dal Terzo Mondo dove trova la pace mentale per scrivere storie? Avete perfettamente ragione. Vengo da un mondo che stenta sotto un fardello di debiti il cui pagamento lo espone alla morte per fame o molto vicino ad essa. Alcuni suoi abitanti muoiono in Asia a causa delle alluvioni ed altri muoiono in Africa a causa delle carestie. In Sud Africa milioni di persone sono state distrutte con il rifiuto e con la privazione di tutti i diritti umani nell'epoca dei diritti umani, come se non fossero contati tra gli esseri umani. Nella West Bank e a Gaza c' è gente che è esule al di là del fatto che vive sulla propria terra; terra dei loro padri, dei loro nonni e dei loro bisnonni. Sono insorti per chiedere il primo diritto garantito dall'Uomo primitivo; cio è , che devono avere un proprio posto riconosciuto da se stessi come dagli altri. Furono ripagati per i loro coraggiosi e nobili gesti - uomini, donne, giovani e bambini - con la rottura delle ossa, l'uccisione con proiettili, distruzione delle case e torture in prigioni e campi. Intorno a loro 150 milioni di arabi seguivano quanto stava accadendo con rabbia e dolore. Questo minaccia la zona di un disastro se non viene salvata dalla saggezza di coloro che desiderano una pace giusta e completa.

Sì , come ha potuto l'uomo che viene dal Terzo Mondo trovare la pace mentale per scrivere storie? Per fortuna, l'arte è generosa e comprensiva. Allo stesso modo in cui risiede nelle persone felici non abbandona gli infelici. Offre ad entrambi i mezzi convenienti per esprimere ciò che si gonfia nei loro cuori.

In questo momento decisivo nella storia della civiltà è inconcepibile ed inaccettabile che i lamenti dell'Umanità debbano spegnersi nel vuoto. Non c' è dubbio che l'Umanità cambiato era e la nostra era porta con s é le aspettative di intesa tra le Superpotenze. La mente umana ora si assume l'incarico di eliminare tutte le cause di distruzione ed annientamento. E come gli scienziati si sforzano a ripulire l'ambiente dall'inquinamento industriale, gli intellettuali devono sforzarsi di ripulire l'umanità dall'inquinamento morale.16 E' nostro diritto e dovere chiedere ai grandi leader dei paesi della civiltà ed ai loro economisti di compiere un grande balzo che li porterà al centro dell'epoca.

Gli altri erano considerati avversari, o soggetti da sfruttare. Non c'era rispetto di nessun altro valore all'infuori della superiorità e della gloria personale. Per questo motivo si sono persi molti insegnamenti morali, ideali e valori; molti mezzi immorali sono stati giustificati; molte anime sono state fatte perire. Menzogne, inganno, tradimento, crudeltà hanno regnato come segni di sagacia e prova di grandezza. Oggi, l'universalità di questo modo di vedere deve essere cambiata alla radice. Oggi la grandezza di un leader civile deve essere misurata dall'universalità della sua visione e dal suo senso di responsabilità verso l'umanità . Il mondo sviluppato ed il terzo Mondo sono un'unica famiglia. Ogni essere umano è responsabile di essa a seconda delle sue conoscenze, della sua saggezza e della sua civiltà . Non oltrepasso i limiti del mio dovere se dico questo in nome del Terzo Mondo: Non siate spettatori delle nostre miserie. Riguardo a ciò dovete assumere un ruolo che si addice al vostro status. Dalla vostra posizione di superiorità voi siete responsabili di ogni indirizzo sbagliato di animali o piante, per non parlare dell'Uomo, ai quattro angoli del mondo. Ne abbiamo avuto abbastanza di parole. Ora è tempo di agire. E' tempo di chiudere l'era dei briganti e degli usurai. Siamo nell'epoca dei leader responsabili per il mondo intero. Salvate le persone ridotte in schiavitù nell'Africa Meridionale! Salvate gli affamati in Africa! Salvate i palestinesi dai proiettili e dalle torture! Inoltre, salvate gli israeliani dal profanare la loro grande eredità spirituale! Salvate chi ha debiti dalle rigide leggi dell'economia! Attirate la loro attenzione sul fatto che la loro responsabilità verso l'Umanità deve precedere il loro impegno nelle leggi di una scienza che il Tempo ha forse superato.

Signore e signori, malgrado tutto ciò che accade nel mondo io sono ottimista fino alla fine. Non dico con Kant che Dio sarà vittorioso nell'altro mondo.17 Dio è vittorioso tutti i giorni. Può anche darsi che il Male sia più debole di quanto immaginiamo. Davanti a noi c' è una prova indelebile: se non fosse che la vittoria è sempre al fianco di Dio, orde di esseri umani erranti non sarebbero state in grado, di fronte a bestie ed insetti, disastri naturali, paura ed egoismo, di crescere e moltiplicarsi. Non sarebbero state in grado di formare nazioni, di eccellere in creatività ed inventiva, di conquistare lo spazio e dichiarare i Diritti Umani. La verità è che il Male è un corruttore potente e violento e che l'Uomo ricorda più ciò che ferisce di ciò che dà gioia.18 Il nostro grande poeta Abul-'Alaa' Al-Ma'ari19 era nel giusto quando diceva: “ Un dolore nell'ora della morte vale più di cento ore di gioia nell'ora della nascita. “

Vi ripeto i miei ringraziamenti e vi chiedo perdono.

Dopo queste bellissime parole di Mahfuz, vediamo come l’universalismo dell’autore, di cui parla l’Accademia Svedese si sviluppi essenzialmente in una costante dialettica con il piccolo mondo del Cairo, entro il quale tutto avviene e in cui tutto ritorna nel suo mondo letterario, in quanto il nostro autore trascorse tutta la vita nel proprio Paese, facendo rari viaggi all’estero e spostandosi ad Alessandria per le vacanze. Quello che rende comunque Mahfuz un grande della letteratura, oltre alle tematiche affrontate nelle sue opere, sono anche le sue tecniche diversificate di narrazione nei racconti brevi, nei romanzi e nelle novelle.

L’Egitto in cui nasce e vive il nostro romanziere, è un Paese fortemente proteso all’occidentalizzazione e al modernismo, che sono, a nostro avviso, prodotti alquanto artificiali, le cui origini sono forse già intravvedibili nella politica post-napoleonica di Muhammad Ali Pascià, al governo quale viceré ottomano nella prima metà dell’Ottocento (1805-1848) che riformò il Paese avviando delle riforme agricole e fiscali di notevole importanza per quell’epoca.

Allo stesso tempo, nel caso dell’Egitto, “il mantenimento di un’esistenza separata (dal Paese egiziano), veniva legittimato alla luce di una teoria della storia, spesso improntata al faraonismo. Secondo lo storico libanese Albert Hourani, sarebbero l’era della nahda e i suoi numerosi fallimenti ad aver condotto a richiami di tipo preislamico, mascherati di nazionalismo”20. Vediamo così, anche in Mahfuz, la tendenza verso una visione storica e sociale improntata spesso unicamente sul suo Paese d’origine, senza tener conto del mondo arabo-islamico nella sua interezza e neppure dell’Impero Ottomano, simbolo per secoli dell’unità dei Paesi islamici, anche se il nostro autore comunque non dimentica mai il riferimento al Terzo Mondo e al socialismo mondiale e alla giustizia universale, come abbiamo visto nel discorso in occasione del Premio Nobel citato poc’anzi.

Oltre che nei suoi romanzi storici, possiamo ravvisare questa prospettiva anche nelle opere minori21 del nostro autore, molto incentrate sull’essere egiziano più che arabo e musulmano, anche se nei personaggi e nelle vicende si intravede pur sempre un certo universalismo a livello esistenziale e spirituale e anche un simbolismo non indifferente che si rispecchia nei caratteri dei suoi racconti brevi e anche dei suoi romanzi. Soprattutto, Mahfuz non smette mai di essere ottimista e di sperare in un mondo unito, giusto ed eguale.

Comunque, a prescindere da questo movimento di autocoscienza egiziana e metropolitana incentrata sul Cairo, come la ritroviamo in Mahfuz, in Egitto ci fu anche l’apertura verso l’Europa, l’occidentalizzazione, mai però completamente a scapito della religione ufficiale islamica, anche se sempre in un rapporto molto conflittuale con essa fino ad oggi, come vediamo negli sconcertanti eventi attuali.

La doppia ingerenza dell’Europa colonialista, quella francese con l’invasione napoleonica del 1798 e poi inglese, con l’occupazione del 1882, fece sì che “le popolazioni … dovessero mutare e adattare il proprio mondo economico, politico e culturale alle idee e alle tecniche europee, non senza un tentativo di emulazione”22. Venne a crearsi anche un rigetto dell’Occidente, prima in senso culturale-religioso e poi panislamico.

Infatti, lo scopo della nahda, il movimento della cosiddetta “rinascita”, iniziato da Jamal ad-Din alAfghani e Muhammad Abduh23, fu proprio quello di liberarsi dall’oppressione straniera a tutti i livelli, richiamandosi all’eredità islamica e promuovendo lo sviluppo sociale, culturale ed economico del mondo arabo all’insegna dell’Islam come forza di crescita in tutti gli ambiti. Infatti, per questi riformisti l’Islam e la scienza/tecnica non si contraddicono e lo spirito islamico permette anch’esso lo sviluppo moderno del Paese, senza allontanarsi per questo dalla religione tradizionale, in quanto l’Islam ha una ricca tradizione culturale e scientifica, nonostante l’epoca di crisi in cui si trova da secoli.

Tuttavia, “i movimenti indipendentisti, che rappresentavano l’altra faccia della reazione all’Europa, assunsero forme laiche, prendendo a prestito le idee del nazionalismo europeo incentrato sull’indipendenza dello stato nazionale.”24 E qui possiamo collocare il nostro autore, più orientato al nazionalismo egiziano e all’anticolonialismo nazionalista che all’islamismo riformatore di al-Afghani e ‘Abduh e poi dei Fratelli Musulmani con Hasan al-Banna alla fine degli anni ’20 del Novecento, che chiedevano un ritorno alle radici islamiche per risolvere i problemi sociali ed economici del Paese e anche per combattere l’oppressione straniera.25

Comunque, già a partire dal 1907, anno in cui si colloca l’azione rivoluzionaria del giurista, giornalista e attivista nazionalista Mustafa Kamil Pascià (1874-1908), si afferma l’aspetto nazionalista della questione, che mira alla completa indipendenza ed autonomia del Paese egiziano. Come scrive lo storico contemporaneo Paolo Minganti, “gli egiziani dimenticarono le diversità di religione, per unirsi intorno a Kamil. Gli stessi contadini sembrarono lasciare la tradizionale apatia, per appoggiare il movimento nazionale”.26 Tutti miravano a un obiettivo fondamentale che consisteva nel porre fine al colonialismo britannico in Egitto.

Ma l’idea di alcuni nazionalisti secondo cui la religione deve essere superata - o anche ignorata o messa da parte - a favore della lotta di liberazione nazionale, è ravvisabile in parte nelle posizioni dopo Kamil, e anche in Nagib Mahfuz, che spesso oppone tradizione religiosa e razionalità. Si pensi alla descrizione che il nostro autore fornisce della manifestazione improntata

agli ideali di Sa’ad Zaghlul b. Ibrahim Pascià nell’opera Il nostro quartiere.27 Zaghlul a capo del partito nazionalista e liberale Wafd combatteva per l’indipendenza egiziana nel 1919 con movimenti di protesta violenti in tutto il Paese, motivo per poi dovette poi abbandonare la sua carriera politica, in esilio a Malta e alle Seychelles.

E fu proprio questa visione del mondo prettamente egiziana e anticolonialista a indurre il nostro romanziere a schierarsi poi con i Giovani Ufficiali Liberi, contro i seguaci del fondatore dei Fratelli Musulmani, Hasan al-Banna, movimento poi vietato e perseguitato a più riprese dal regime di Gamal Abdel Nasser.

Continua anche agli inizi del Novecento l’oppressione inglese sull’Egitto, che aveva avuto inizio alla fine dell’Ottocento: la trasformazione dell’occupazione britannica in protettorato, nel 1914, non muta per nulla l’oppressiva presenza inglese e anche l’accordo del 1922, invece di sopprimerla, la mantiene. In questa situazione politica, nel 1911 nasce il nostro autore, figlio di una famiglia piccolo borghese di commercianti del Cairo.

Nel 1917 inizia il regno del Re Fuad, nel corso del quale il nostro autore visse la propria giovinezza spensierata. Politicamente, in questo periodo siamo in presenza di una monarchia totalitaria, solo in apparenza orientata a un modello costituzionale europeo, di impronta più democratica.

In questo contesto politico, si esacerba la lotta tra il partito nazionale e quello liberale egiziano. Prendono piede, tra la gente, le idee occidentali. Ma il Wafd vince nuovamente le elezioni del 1930. Anche molti studenti dell’Azhar aderiscono comunque all’opposizione contro gli inglesi e, nel 1928, Hasan al-Banna fonda i Fratelli Musulmani28 quale alternativa nazionalista improntata all’islam egalitario e non al liberalismo filo-o Wafd.

I Fratelli Musulmani si inseriscono nella disputa ormai antica tra modernizzazione e Islam. Lo scopo di questo gruppo era e rimane fino ad oggi l’islamizzazione della società in opposizione alla crescente diffusione di prassi politiche e culturali occidentali, che rischiano di confinare l’Islam alla sfera puramente privata, mentre l’Islam rappresenta invece un sistema complessivo di vita per l’individuo e la società e un sistema politico ed economico onnicomprensivo. Fu il modello vincente di militanza islamica moderna, della cosiddetta rinascita dell’islamismo nel Novecento, a partire proprio dall’Egitto, che si muoveva invece sempre più verso il laicismo e il laicismo di stampo socialista e marxista. Lo scontro tra le due ideologie antitetiche diviene chiaro anche nelle opere di Nagib Mahfuz. Per citare un esempio, vorremmo riferirci all’opposizione tra i due fratelli Ahmed e Adb el-Mon’em nel grande romanzo di Mahfuz, intitolato As- Sokkariya del 195729, parte della trilogia che fece di Mahfuz un autore di importanza internazionale.

In questo contesto, vediamo come il nostro autore all’inizio degli anni Cinquanta si schieri dalla parte dei Giovani Ufficiali Liberi. Come scrive Lewis, in questo periodo, “il paese si evolveva automaticamente verso forme occidentali, anche contro la volontà della stessa classe dirigente, che di tale evoluzione era stata l’iniziatrice ed ora l’inconsapevole strumento.”30 Possiamo chiederci se anche Nagib Mahfuz non sia stato uno strumento del potere culturale occidentale nel suo Paese, che tendeva sempre maggiormente verso forme occidentalizzate o se si sia semplicemente fatto trascinare dagli eventi, credendo in ideali socialisti utopici che pensava di intravedere nell’operato del dittatore Gamal Abdel Nasser.

Negli anni ’30, Mahfuz frequenta la facoltà di filosofia nella sua città natale, ove si laurea nel 1934, anche se il padre avrebbe preferito che studiasse giurisprudenza. A quell’epoca la monarchia egiziana del Re Faruq, figlio di Re Fuad, si indebolisce e, nel 1936, schiacciato dalla crisi internazionale, il Paese combatte per la definitiva indipendenza dall’oppressione inglese.

In questo decennio nacquero “veri movimenti popolari, che coinvolgevano ogni sezione della società araba e musulmana.”31 Infatti, lo stesso Mahfuz “si dedicò a una pubblicistica cosiddetta realista, piena di critiche per l’ ancien régime.”32 Sul piano filosofico, durante i suoi studi universitari, in cui pubblicava diversi articoli di filosofia e psicologia, fu influenzato in particolar modo dal filosofo francese, anch’egli premio Nobel della letteratura nel 1927, Henri Bergson (1859-1941) e dalla sua idea della distinzione tra il tempo scientifico e quello dell’esistenza.33 Bergson e la sua concezione del tempo psicologico ebbero una notevole influenza soprattutto sulla trilogia di Mahfuz, in cui il nostro autore viene anche influenzato dal grande romanziere francese Marcel Proust (1871-1922), anch’esso rappresentante della concezione del tempo e della memoria bergsoniana.

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1 Vedi Rushdie, Salman: The Satanic Verses (traduzione italiana del titolo: I versi satanici), Vintage editore, Melbourne 2006.

2 Per quanto riguarda il quadro storico del Novecento ci riferiamo, tra le righe, alla grande opera storiografica di Hobsbawn, l’autore della famosa monografia intitolata The Invention of Tradition: cfr. Hobsbawn, Eric John Ernest: Il secolo breve - 1914-1991, collana BUR, traduzione di Brunello Lotti, Rizzoli editore, Milano 2006 (titolo originale: The Age of Extremes: The Short Twentieth Century, 1914-1991, Peter Smith Publisher, Gloucester 2000).

3 Il neocolonialismo occidentale a livello politico ed economico, sul piano ideologico si identifica con l’orientalismo descritto dal grande Eduard Said in Orientalism, il capolavoro che oramai da anni ispira ogni nostra ricerca sul mondo arabo. Vedi: Said, Eduard: Orientalismo, Feltrinelli editore, Milano 2002. Inquadrando il Premio Nobel di Mahfuz in un contesto di lotta contro le posizioni orientaliste si potrebbe parlare con Camera d’Afflitto del Premio Nobel a Mahfuz come di un atto di giustizia verso il mondo arabo, tanto ignorato dall’Occidente sul piano letterario. Cfr. Camera d’Afflitto, Isabella: L ’ editoria italiana e la letteratura araba contemporanea, in La presenza arabo-islamica nell ’ editoria italiana, Istituto Poligrafico di Stato, Roma 2000, pp. 131-144.

4 Cfr. Brugman, Jan: An Introduction to the History of Modern Arabic Literature in Egypt, (traduzione italiana del titolo: Un ’ introduzione alla storia della letteratura araba moderna in Egitto), J. Brill, Leiden 1984, p. 303. Traduzione del passaggio in lingua italiana: “a parte la denominazione alquanto vaga del realismo egiziano, Nagib Mahfuz non può essere inquadrato in una scuola specifica.“

5 Vedi Mahfuz, Nagib: Tharthara fouq al-Nil, (traduzione italiana del titolo: Chiacchiere sul Nilo), Dar Misr li’l taba‘, Cairo 1990.

6 Vedi il seguente sito in cui si trova l’elenco delle opere del grande autore egiziano tradotte in lingua italiana: http://www.arablit.it/mahfuz.html.

7 Vedi Döblin, Alfred: Berlin Alexanderplatz, Die Geschichte von Franz Biberkopf, (traduzione italiana del titolo: Berlino Alexanderplatz, La storia di Franz Biberkopf), dtv editore, Monaco di Baviera 1965, in cui Berlino, da una parte, rappresenta il simbolo negativo della massa in cui si confonde l’individuo e dall’altra diviene un luogo in cui rinascere e cambiare a livello morale. Siamo convinti che uno studio comparativo tra la trilogia di Mahfuz e i grandi romanzi europei delle metropoli sia di grande interesse sia sul piano contenutistico sia su quello stilistico, ad esempio studiando la tecnica del “montaggio“ che Döblin impiega nella stesura del suo capolavoro.

8 A questo proposito vedi la monografia di Brenken, Anke: Wahrnehmung und literarische Verarbeitung der Gro ß stadt London in ausgew ä hlten Romanen von Charles Dickens, (traduzione italiana del titolo: Percezione ed elaborazione letteraria della metropoli Londra in romanzi scelti di Charles Dickens), Università di Amburgo, Amburgo 1997.

9 Cfr. Joyce, James: Ulysses, Penguin editore, Londra 1992, il grande capolavoro anticipato dal ciclo di 15 brevi racconti intitolato Dubliners, Bantam Books editore, New York 1990.

10 Cfr. Mann, Thomas: Buddenbrooks, Fischer editore, Francoforte sul Meno 1989, la storia di una dinastia di commercianti di Lubecca, con la presentazione di caratteri completamente diversi e contrastanti nelle diverse generazioni della famiglia.

11 Cfr. El-Enany, Rasheed: Egypt ’ s Nobel Laureate (traduzione italiana del titolo: Il Nobel egiziano: la sua biografia e la sua epoca) , Haus Publishing editore, Michigan 2007. Vedi inoltre il sito del Premio Nobel con la rispettiva pagina di presentazione, dedicata al nostro insigne autore egiziano Nagib Mahfuz:http://www.nobelprize.org/educational/literature/books/comments.php?print=1&id=665&nextid=602&name =Mahfouz%20Naguib.

12 Ecco una confessione fondamentale di Mahfuz che si sente figlio dell’antico Egitto e allo stesso tempo figlio dell’Islam, motivo per cui è stato spesso incompreso dai tradizionalisti del suo Paese, anche a causa del suo appoggio al socialismo e la sua assenza di rivolta contro la dittatura di Nasser di cui come vedremo in seguito era sostenitore.

13 Su questo grande Faraone, detto il primo monoteista tra i Faraoni, Mahfuz nel 1985 scrive l’opera Akhenaton, al- ‘ a ’ i š fi al-haqiqa, incentrata su questo grande personaggio della storia politica e religiosa dell’epoca faraonica. Il giovane Miri-Mon, alla ricerca della verità che si cela dietro le opinioni e le apparenze, nel corso del romanzo incontra numerosi personaggi, tutti diversi tra loro, come diverse sono le loro opinioni sul grande Faraone, considerato eretico da una parte, e simbolo della verità dall’altra. Vedi Akhenaton, il faraone eretico , Newton & Compton editori, Roma 2001.

14 In questo passaggio si vede con chiarezza come Mahfuz parta dalla morale e dai principi di giustizia e verità non nel senso coranico, ma nel senso universale. Ritrova infatti questo universalismo morale nella stessa civiltà preislamica dei Faraoni. Si può forse parlare di un certo sincretismo religioso monoteista ritrovato poi anche nell’Islam, accostabile in un certo senso alla visione religiosa sincretista del convertito francese René Guénon (1886-1951) che per anni visse al Cairo. Come vedremo in seguito, secondo il nostro punto di vista, Mahfuz si esprime a favore di una religione che parte dall’essere umano e dalle sue esigenze morali di giustizia e dalla sua sete di verità non corrisposta in un mondo pieno di violenza, di squallore e di potere. Lo si può anche paragonare con Lessing e il suo capolavoro sul dialogo interreligioso Nathan der Weise. Nella sua parabola dell’anello diviene chiara l’unità delle tre religioni monoteisti che si combattono fino ai nostri giorni. Cfr. Lessing, Gotthold Ephraim: Nathan der Weise (traduzione italiana del tiolo: Nathan, il Saggio), Reclam, Stoccarda 1987.

15 In questo contesto crediamo Mahfuz si riferisca al sommo poeta tedesco Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832) e alla sua opera Der West ö stliche Divan (traduzione italiana del titolo: Divano occidentale orientale) , Insel Verlag editore, Lipsia 1974 . Vedi i seguenti versi di Goethe sull’Islam: N ä rrisch, dass jeder in seinem Falle Seine besondere Meinung preist! Wenn Islam “ Gott ergeben ” hei ß t, Im Islam leben und sterben wir alle. (Noten und Abhandlungen zum West- ö stlichen Divan, WA I, 6, 128, traduzione italiana del passo citato: E’ una follia che tutti non facciano che lodare la propria opinione! Se Islam significa essere “sottomesso a Dio”, allora nell’Islam viviamo e moriamo tutti.) Er sei Prophet und nicht Poet und daher auch sein Koran als g ö ttliches Gesetz und nicht etwa als menschliches Buch, … , anzusehen. (Noten und Abhandlungen zum West- ö stlichen Divan, WA I, 7, 32, traduzione italiana del passo citato: Egli sarebbe un profeta e non un poeta e dunque anche il suo Corano va visto come legge divina e non come un libro umano …). Purtroppo non possiamo approfondire oltre la tematica, accennando solo alla contrapposizione tra la passione di Goethe per l’Islam e la tagliente critica di Voltaire nei confronti del Profeta nella sua tragedia Mahomet del 1741.

16 Da questo passaggio direi che Mahfuz si autodefinisce un autore appartenente al realismo e/o al verismo impegnato e al servizio di una filosofia morale universale quale compito primario dell’autore nella società in cui scrive all’insegna dei valori universali che ritrova nel suo microcosmo.

17 In questo contesto Mahfuz sembra criticare la teologia kantiana espressa nell’opera Die Religion innerhalb der Grenzen der blo ß en Vernunft (traduzione italiana del titolo: La religione entro i limiti della semplice ragione) di Immanuel Kant, redatta nel 1793-94. Cfr. Kant, Immanuel: Die Religion innerhalb der Grenzen der blo ß en Vernunft, Reclam, Stoccarda 1986. In queste righe Mahfuz sembra evocare il Dio del Corano, presente nelle vicende terrene dell’uomo e nella storia, senza essere ripiegato nel mondo ultraterreno.

18 Si intravede in Mahfuz un certo manicheismo, in quanto vede il mondo come un grande palcoscenico in cui le forze del Bene si oppongono a quelle del Male, oscillando tra il crudo realismo di guardare in faccia alla realtà corrotta, violenta ed ingiusta del mondo e all’ottimismo socialista sempre ancora presente in lui nonostante la delusione subita durante il regime di Nasser.

19 Mahfuz si riferisce qui al sommo autore abbaside Abul ‘Ala al-Ma’arri (973-1058), autore di un’opera che anticipa la Divina Commedia di Dante e intitolata Risalat al- ġ ufran (traduzione italiana del titolo: Lettera del perdono) e adorato da generazioni di letterati e studiosi, tra l’altro da Taha Hussein, che ne scrisse la tesi di dottorato.

20 Vedi Hourani, Albert: Storia dei popoli arabi, Arnoldo Mondadori editore, Milano 1992, p. 342 (titolo originale: History of the Arab Peoples, Grand Central Publishing, New York 1992).

21 Vedi tra l’altro: Mahfuz, Nagib: Il caff è degli intrighi, Feltrinelli, Milano 1997 e Mahfuz, Nagib: Il nostro quartiere, Feltrinelli, Milano 1991.

22 Panayiotis, J. Vatikiotis: Islam: Stati senza nazioni, Est editore, Milano 1993, p. 162 (titolo originale: Islam and the State, Routledge, New York 1987).

23 Sui due riformatori cfr. l’altro: Badawi, Muhammad Zaki: The Reformers of Egypt, (traduzione italiana del titolo: I riformatori dell ’ Egitto), Croom Helm, Londra 1978 e Kedourie, Elie: Afghani and 'Abduh: An Essay on Religious Unbelief and Political Activism in Modern Islam, (traduzione italiana del titolo: Afghani e 'Abduh: un saggio sulla miscredenza e sull ’ attivismo politica nell ’ Islam moderno), Frank Cass., Londra 1997. Cfr. inoltre: Wielandt, Rotraud: Offenbarung und Geschichte im Denken moderner Muslime, (traduzione italiana del titolo: Rivelazione e storia nel pensiero dei musulmani moderni), Franz Steiner editore, Wiesbaden 1971, pp. 49-72.

24 Panayiotis, J. Vatikiotis: Islam: Stati senza nazioni, Est editore, Milano 1993, p. 163 (titolo originale: Islam and the State, Routledge, New York 1987).

25 Cfr. il bellissimo articolo di Mura Andrea sull’ideologia di Hasan al-Banna: Mura, Andrea: A Genealogic Inquiry into Early Islamism: the Discourse of Hasan al-Banna, (traduzione italiana del titolo: Una ricerca genealogica riguardante il primo islamismo: il discorso di Hasan al-Banna) , in: Journal of Political Ideologies, 17, 1 (2012), pp. 61-85.

26 Vedi Minganti, Paolo: L ’ Egitto moderno, Sansoni editore, Firenze 1959, p.90.

27 Vedi Mahfuz, Nagib: Il nostro quartiere, Feltrinelli, Milano 1991, pp. 35-37.

28 Cfr. AA.VV.: I Fratelli Musulmani e il dibattito sull ’ Islam politico, Ed. Fondazione G. Agnelli, Torino 1996.

29 Cfr. Monteil, Vincent: Anthologie bilingue de la littérature arabe contemporaine, (traduzione italiana del titolo: Antologia bilingue della letteratura araba contemporanea), Imprimerie Catholique, Beirut 1961, pp. 205-222.

30 Minganti, Paolo: L ’ Egitto moderno, Sansoni editore, Firenze 1959, p. 145.

31 Lewis, Bernard: Gli arabi nella storia, Laterza editore, Bari 1998, p. 186 (titolo originale: The Arabs in History, Oxford University Press, Oxford 1993).

32 Noja, Sergio: L ’ Islam moderno, Mondadori editore, Milano 1995, p. 218.

33 Cfr. Bergson, Henri: Essai sur les données immédiates de la conscience, (traduzione italiana del titolo: Saggio su dati immediati della coscienza), Alcan editore, Parigi 1889. Cfr. tra l’altro su Henri Bergson: Bosio, Gianfranco: Henri Bergson: L ’ energia spirituale e la realtà , Il Tripode editore, Napoli 1995.

Ende der Leseprobe aus 66 Seiten

Details

Titel
Alcune considerazioni su Nagib Mahfuz e le sue opere
Untertitel
Biografia e opere del grande Premio Nobel arabo
Note
1
Autor
Jahr
2013
Seiten
66
Katalognummer
V232184
ISBN (eBook)
9783656516019
ISBN (Buch)
9783656516064
Dateigröße
926 KB
Sprache
Deutsch
Anmerkungen
Schlagworte
alcune, nagib, mahfuz, biografia, premio, nobel
Arbeit zitieren
Dr. phil. Milena Rampoldi (Autor:in), 2013, Alcune considerazioni su Nagib Mahfuz e le sue opere, München, GRIN Verlag, https://www.grin.com/document/232184

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