Il Sentiero Terapeutico di Ercole

I tratti della Drammaterapia e dell'Astrologia in comune


Textbook, 2013

65 Pages


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Inhaltsverzeichnis

1. Introduzione
1.1 Introduzionepag
1.2 Perché proprio l’Astrologia
1.3 Sintesi della ricerca e dell’analisi

2. Principi della Drammaterpia
2.1 I fondamenti della Drammaterpia
2.2 La creatività nella Drammaterapia
2.3 La relazione tra ruolo e Sé

3. Principi dell’Astrologia
3.1 Introduzione all’Astrologia
3.2 Gli archetipi di C.G. Jung
3.3 Gli archetipi nell’Astrologia
3.4 Le Dodici fatiche di Ercole

4. Un tentativo di connessione tra la Drammaterapia e l’Astrologia
4.1 Che rapporto può esserci tra la Drammaterpia e l’Astrologia?
4.2 Il viaggio come metafora della vita
4.3 Un percorso grande di trasformazione

5. La Drammaterapia e l’Astrologia nell’esperienza di gruppo

6. Riflessioni e conclusioni generali

7. Bibliografia e Sitografia

8. Allegato: le Dodici fatiche di Ercole

Ringraziamenti:

Grazie infinite di cuore a chi mi ha teso una mano, porto un orecchio, aperto il cuore;

a coloro che mi hanno incoraggiato e che hanno creduto in me.

Ringrazio “Tanja Kral presso Il teatro del Gatto di Ascona” per avermi accolto nel suo laboratorio teatrale con fiducia e stima,

un grande Grazie a Cristina Castrillo per aver potuto partecipare al suo laboratorio internazionale “la maschera e il volto”,

ringrazio di cuore Michele Tognetti che mi ha messo a disposizione lo spazio alla Fabbrica di Losone, dove ho potuto fare l’esperienza del laboratorio teatrale per il tirocinio, lavorando ancora sulla maschera neutra,

ringrazio di cuore anche Rosmarie e Samuel Imfeld che mi hanno dato la possibilità di realizzare il mio primo seminario “la danza della mia vita” presso il loro Centro Balsamina.

Un ringraziamento speciale al mio Maestro Salvo Pitruzzella,

un grandissimo grazie di cuore al mio compagno di vita Dawio Bordoli che mi ha aiutato a correggere con tanta pazienza il lavoro di tesi e che mi ha accompagnato e sostenuto dall’inizio fino alla fine in questo percorso triennale di Drammaterapia.

Grazie per avermi, chi in un modo chi in un altro, supportato in questo lavoro.

Un sorriso riconoscente a tutti voi!

Il sentiero Terapeutico di Ercole

I tratti della Drammaterapia e dell’Astrologia in comune

“Il Mito è il pensiero segreto dell’anima.” (Iside Svelata)

1. Introduzione

1. 1 Introduzione

Per iniziare, è necessario un chiarimento riguardo cosa si intenda per “Drammaterapia. Dramma, dal greco “Dran”, significa letteralmente “compiere un'azione”, ma l'atto drammatico non è semplicemente fare qualcosa, è necessario che l'azione sia compiuta con un certo grado di distanza. Uno dei principi fondamentali della Drammaterapia è quello dell’”avvicinamento attraverso il distanziamento”: mentre il paziente sul palcoscenico “agisce come se…” e si cimenta con situazioni e ruoli fittizi, prende le distanze dalle situazioni quotidiane e dai problemi che lo riguardano.

Landy scrive nel suo testo che: “Il concetto di distanza in Drammaterapia indica la misura del coinvolgimento affettivo/cognitivo del cliente nel lavoro drammatico. Il punto ottimale di coinvolgimento è descritto come distanza estetica, un equilibrio di affetto e cognizione.”[1]

“All’interno della cornice protettiva della ‘finzione’ e quindi nella distanza del ruolo che si impersona, è possibile sperimentare e riconoscere emozioni, ruoli, relazioni e pensieri. Questo permette di riattraversare in modo creativo la propria condizione, allontanandosi da rigidi schemi di comportamento per scoprire nuovi modi di trasformare la propria realtà.”[2]

Il dramma quindi serve per insegnare, capire l’essere distaccato.

Le prime formulazioni di Drammaterapia risalgono ai primi anni Sessanta. Potenziare la creatività e le abilità espressive del cliente, usare le strutture del teatro, focalizzare l'attenzione sull'espressione simbolica delle emozioni e della comunicazione non verbale, sono metodi che fanno parte dell'approccio della Drammaterapia.

Nel 1979 la “British Association for Dramatherapists ha proposto la seguente definizione:

La drammaterapia aiuta a comprendere e alleviare i problemi sociali e psicologici, inclusi le malattie mentali e l'handicap; facilita l'espressione simbolica attraverso la quale l'individuo (sia da solo che in gruppo) entra in contatto con se stesso, per mezzo di attività creative strutturate che coinvolgono la comunicazione verbale e fisica.

In Wikipedia troviamo questa definizione di Drammaterapia: ”La drammaterapia è una metodologia attiva ed esperienziale, mirata a facilitare la capacità del partecipante di raccontarsi, risolvere problemi, stabilire delle mete, esprimere emozioni in maniera appropriata, raggiungere la catarsi, approfondire ed estendere l’esperienza del proprio mondo interiore, migliorare le competenze e i rapporti interpersonali e rafforzare la flessibilità nel rappresentare ruoli nella vita personale e al tempo stesso accrescere la flessibilità tra ruoli.”

In realtà, non è facile dare una giusta e breve definizione di una disciplina che sin dall’inizio si caratterizza per il suo estremo eclettismo[3], sia per quanto riguarda le fonti di riferimento, che coinvolgono entrambi gli ambiti teatrali e terapeutici, sia gli strumenti usati, che spaziano dall’ambito teatrale a quello, più sfuggente e impreciso, della drammatizzazione.

Il drammaterapeuta italiano Salvo Pitruzzella, ad esempio, descrive la Drammaterapia come: “una terapia creativa, centrata sull’uso artistico dell’immaginazione e sull’uso espressivo del corpo, centrando apparentemente l’attenzione sul processo artistico più che sul risultato terapeutico”. [4]

Ci sono tre ambiti che toccano la Drammaterapia: l’ambito terapeutico, educativo e formativo. Gli aspetti che accomunano questa disciplina sono: la relazione e la creatività. Cos’è la creatività? La creatività è la fantasia, il creare qualcosa che non c’è e della quale hai bisogno, è la capacità di vedere qualcos’altro di originale, la scoperta, trovare delle soluzioni, esprimere la propria natura, saper improvvisare, non avere vincoli, è la libera espressione del Sé.

Sono infinite le interpretazioni della creatività. Il verbo italiano "creare", al quale il sostantivo "creatività" rimanda, deriva dal "creare" latino, che condivide con "crescere" la radice KAR. In sanscrito, "KAR-TR" è "colui che fa" (dal niente), il creatore.

In Wikipedia troviamo la definizione: “Creatività è un termine che indica genericamente l'arte o la capacità cognitiva della mente di creare e inventare ; tuttavia esso può prestarsi a numerose interpretazioni e significati.”[5]

La creatività oggi esprime un valore positivo che si manifesta nei diversi ambiti attraverso la ricerca di un miglioramento che passa dallo sviluppo delle capacità creative, i cui scopi possono essere il miglioramento della qualità di vita, le capacità professionali, lo studio, e le capacità ideative.

Lo sviluppo della creatività diviene un’esigenza sociale in tutte le situazioni storiche di trasformazione nelle quali è evidente come non si possa ritornare al passato.

“L'abilità creativa si forma principalmente nei due ambiti: familiare e scolastico. Per promuovere e formare nel bambino le abilità creative occorre che i genitori ne favoriscano l'autonomia in rapporto alle scelte quotidiane e alla costruzione del progetto di vita e professionale. Similmente l'ambiente scolastico può favorire la formazione alla creatività se lavorerà per incoraggiare e sostenere le scelte autonome e se stimolerà l'apprendimento divergente (diversi stili di apprendimento). La formazione delle abilità creative rappresenta uno degli obiettivi più ambiziosi dell'educazione; infatti la capacità creativa rappresenta la piena maturità intellettuale della persona che la rende libera (trascende i sistemi) e altamente produttiva.

La formazione creativa dipende strettamente dalle relazioni che si sviluppano e si modellano sia attraverso l’adattamento alla dimensione ambientale socioculturale che in funzione dello sviluppo interiore della modalità di apprendimento del cervello.” [6]

“La creatività di una relazione si manifesta, dunque, nell’interdipendenza, nella cooperazione e nello scambio di esperienze e conoscenze.”[7]

E' fondamentale coltivare le relazioni interpersonali e la competenza comunicativa con gli altri: la varietà dei contatti e delle relazioni è di fondamentale importanza per crescere con un bagaglio ampio di possibilità. L’essere umano è fatto per lo scambio relazionale. Da tempo, però, segno evidente di una civiltà in crisi, stiamo assistendo a un degrado delle relazioni umane, che genera ombre, incertezze e tanta sofferenza, e questo indica che c’è un gran bisogno di fare un lavoro di ricerca e crescita personale come lo potrebbe essere un percorso tramite la Drammaterapia.

Per Cooley, ogni persona in un ambiente sociale diventa uno specchio simbolico che riflette le immagini di sé. Quindi io arrivo a conoscere me stesso attraverso l’interiorizzazione delle immagini altrui.[8] Nelle relazioni l’altro ci fa quindi da specchio e in questo modo entriamo in empatia con l’altro. Costruiamo noi stessi prendendo spunti dagli altri. Vedo e riproduco. Così si sviluppa il potenziale della relazione. La pratica dello specchio consiste nel porre il protagonista fuori dalla scena che ha costruito, in posizione di osservatore della scena stessa, che viene interpretata da un alter ego e da altri membri del gruppo. Il protagonista in tal modo può vedersi da fuori, in modo distaccato.

“I neuroni specchio permettono di spiegare fisiologicamente la nostra capacità di porci in relazione con gli altri. Quando osserviamo un nostro simile compiere una certa azione si attivano, nel nostro cervello, gli stessi neuroni che entrano in gioco quando siamo noi a compiere quella stessa azione. Per questo possiamo comprendere con facilità le azioni degli altri: nel nostro cervello si accendono circuiti nervosi che richiamano analoghe azioni compiute da noi in passato.”[9]

In molte fiabe, lo specchio è considerato un oggetto magico ed è descritto come uno strumento di trasformazione. L'immagine rispecchiata di se stessi può realizzarsi mediante altri mezzi come stagni o altre superfici e rimanda e suggerisce versioni modificate e modificabili di se stessi.

Noi lottiamo per scoprire e conoscere la verità in noi stessi, per strappare le maschere dietro le quali ci nascondiamo giornalmente. Indossare una maschera rende tutto più semplice. Aiuta a nascondere l'identità e a renderla irriconoscibile. La maschera è la parte di noi che mostriamo agli altri. Quando interagiamo con gli altri, lo facciamo attraverso le nostre maschere. L’uomo non si realizza veramente, se non quando può esprimersi liberamente, nonostante le barriere sociali ma questi ci implicano di indossare le diverse maschere per interagire e comunicare senza paure con gli altri.

Di solito noi adulti, quando decidiamo chi frequentare e con chi socializzare, scegliamo persone che ci rinforzano. Questi amici ci rinforzano perché condividiamo le stesse passioni o perché scegliamo gli stessi argomenti di conversazione. Si congratulano con noi, ci sostengono, quando ne abbiamo bisogno o ci offrono qualsiasi altro genere di rinforzo. Noi facciamo lo stesso con loro.

La persona ha bisogno di essere riconosciuta e accolta nella propria originalità unica, come un essere che ha una dignità e chiede rispetto, è il bisogno di sapere e di sentire concretamente, vitalmente, anche nella dimensione affettiva e sensibile, di aver valore almeno per qualcuno. Perciò il riconoscimento sul piano dei rapporti interpersonali implica il rispetto. Rispettare qualcuno significa riconoscere che lui c’è, che è così com’è, e che, così com’è, è anche giusto. Ciò include che, in questo stesso modo, rispetti anche me e che, così come sono, sono anche giusto.

“Non è il nostro compito quello d'avvicinarci, così come non s'avvicinano fra loro il sole e la luna, o il mare e la terra. Noi due, caro amico, siamo il sole e la luna, siamo il mare e la terra. La nostra meta non è di trasformarci l'uno nell'altro, ma di conoscerci l'un l'altro e d'imparare a vedere e a rispettare nell'altro ciò ch'egli è: il nostro opposto e il nostro complemento:”[10] Queste sono le parole di Herman Hesse.

1.2 Perché proprio l’Astrologia

In genere, l’astrologia richiama alla mente principalmente gli oroscopi delle riviste. L’astrologia per me non è una nebbiosa arte basata sulla superstizione ma, al contrario, le recenti scoperte della scienza moderna si dimostrano in forte sintonia con diversi principi dell’astrologia stessa. La stessa materia non è altro che energia in forma molto concentrata. La fisica moderna ha dimostrato che viviamo immersi in un campo energetico, in cui tutto è interconnesso. E se tutto è interconnesso, possiamo sostenere che non siamo separati da quelle energie cosmiche e che, anzi, quelle stesse forze agiscono in modo analogo anche in noi stessi, sotto forma di componenti psichiche, energie di creazione e distruzione, assorbimento ed eliminazione, espansione e contrazione.

L’astrologia è una disciplina che celebra una tradizione vecchia di millenni. Le civiltà primitive, infatti, come hanno dimostrato alcune fonti storiche, possedevano queste conoscenze per un uso puramente divinatorio e religioso; ma solo da più di due millenni però, possiamo parlare di un sistema organico astrologico vero e proprio. Si può dire, infatti, che nonostante ci sia stato il passaggio da un’epoca puramente orale a una culturalmente alfabetizzata, essa sia riuscita comunque ad accumulare nel corso del tempo conoscenze e tecniche anche molto istruite. Per questo motivo l’astrologia, la si potrebbe considerare tra le più antiche materie di ricerca, non è infatti del tutto incauto pensare ad essa come la madre di tutte le scienze, determinando così la nascita di altri indirizzi più scientifici quali: la matematica, la geometria, l’astronomia, la psicologia, ecc..

L’astrologia ha un linguaggio simbolico, è un’arte interpretativa, è un modo di comunicare col proprio inconscio. Questa disciplina indica il nostro patrimonio di nascita e non l’uso che facciamo di esso. Quindi, le stelle non costringono, ma indicano com’è composta la realtà in un determinato momento. L’astrologia è un sistema di rappresentazione della realtà. Anche la fisica cerca di rappresentare la realtà attraverso simboli (numeri e lettere), senza per questo far credere di poter influire con le sue formule sulla forza di gravità.

Non soltanto i filosofi, i teosofi e gli alchimisti delle epoche antiche credevano nell’astrologia, ma anche, in età moderna, astronomi e scienziati come Galileo, Keplero e Newton. Anche lo psicologo svizzero Gustav Jung (1875 – 1961) si dedicò allo studio dell’astrologia nella sua qualità di sistema simbolico, scoprendo forti affinità fra astrologia e psicologia.

Secondo l’astrologia, la posizione dei pianeti nel cielo in un dato momento riflette le qualità della persona nata in quello stesso momento: le due cose sono sincroniche e si specchiano una nell’altra (come ha affermato anche Jung, nel suo libro “Sincronicità”).

L’astrologia, attraverso la lettura del tema natale individuale (vedi approfondimento nel capitolo 3), cerca di capire la nostra personalità e la nostra natura psicologica. In questo senso è uno strumento molto utile per conoscersi più a fondo.

Nell’antichità si credeva che l’influsso degli astri determinasse il carattere e il destino delle persone e dei popoli. Invece oggi molti sostengono che l’uomo ha la libertà di scelta, il libero arbitrio, con il quale può imprimere una direzione diversa al corso degli eventi. Altri, invece, mettono questa tesi in discussione, sostenendo che tutto è già predestinato.

Personalmente ritengo che l’astrologia sia una via iniziatica che, attraverso la conoscenza di se stessi e della natura del cosmo, ci indica una possibile strada verso il Creatore, e questo senza essere considerata per forza di cose una religione. L’astrologia è un tentativo di vedere e insegnare una diversa dimensione della realtà come verità.

Nel Vangelo di Giovanni (8:32) Gesù dice: “Cercate la verità e la verità vi renderà liberi”. Essere liberi, vuol dire non subire nessuna imposizione esterna o interna e, per arrivare a questo traguardo dobbiamo svincolarci dai pensieri negativi che ci governano e ci fanno vivere nell’illusione.

Secondo me, soltanto noi possiamo trasformare la nostra vita e arrivare a una dimensione esistenziale molto più equilibrata e perfetta. Per cambiare la realtà in ciò che noi riteniamo meglio, occorre imparare a pensare in modo più positivo. Il lavoro del pensiero benefico aiuta noi stessi e chi ci sta vicino. Occorre non permettere mai che degli avvenimenti esterni oppure delle emozioni, entrambi di carattere negativo, sconvolgano la nostra mente e la nostra esistenza. Il pensiero dà forma al principio creativo nella mente. Quindi sembrerebbe che nella mente si crea tutto. Cosicché, pensando sempre in positivo, potrebbe essere che anche se non trasformiamo tutto il mondo, possiamo iniziamo a trasformare in meglio noi stessi.

Ripeto una frase del Buddha: “Semina un pensiero e nascerà un’azione. Semina un’azione e nascerà un’abitudine. Semina un’abitudine e nascerà un carattere. Semina un carattere e nascerà un destino. Poiché la mente precede i modi di essere, originati dalla mente, creati dalla mente, nella mente ha origine la sofferenza e nella mente ha origine la cessazione della sofferenza.”

A chi mi chiede: “Perché l’astrologia?”, rispondo citando Stanislav Grof: “… l’astrologia, una disciplina ripudiata[11] e ridicolizzata dalla scienza newtoniano-cartesiana, può dimostrarsi di enorme valore come fonte di informazioni sullo sviluppo e la trasformazione della personalità. La possibilità che l’astrologia possa funzionare come un valido sistema di riferimento sembra assurda dal punto di vista della scienza meccanicistica, che tratta la coscienza come un epifenomeno[12] della materia. Per un approccio che, invece, vede la coscienza come un elemento primario dell’universo, intessuto nella sostanza stessa dell’esistenza, e che riconosce le strutture archetipiche come qualcosa che precede e determina i fenomeni nel mondo materiale, la funzione dell’astrologia apparirebbe del tutto logica e comprensibile ”.[13]

1.3 Sintesi della ricerca e dell’analisi

In questo lavoro di diploma, oggetto di studio è la Drammaterapia e l’Astrologia. La ricerca inizia con un’introduzione generale delle due discipline ed è suddivisa in cinque capitoli successivi. Si tratterà di una ricerca incentrata principalmente su diverse teorie e sulle esperienze fatte con un gruppo; tuttavia il secondo capitolo l’ho voluto riservare alla teoria e principi fondativi della Drammaterapia. In particolare mi sembra essenziale la parte della creatività, del ruolo e del Sé per capire meglio la Drammaterapia. Nel terzo capitolo ho voluto dare una panoramica “teorica” (l’astrologia è una scienza non esatta, di esperienza e osservazione così come lo è per esempio la psicologia o la medicina) sui principi dell’astrologia e degli archetipi sia junghiani che astrologici. In questa parte cercherò spiegare la metafora e gli archetipi in senso astrologico e psicologico. Nel quarto capitolo analizzerò il rapporto tra queste due discipline, cercando delle analogie e differenze tra di loro. Il quinto capitolo sarà dedicato all’esperienza con la Drammaterapia in relazione all’astrologia con un gruppo e le difficoltà incontrate. Scriverò le mie conclusioni e cercherò di rispondere alla domanda: esiste un ponte di connessione tra queste due discipline? E concludo con l’ultimo capitolo che riguarda le riflessioni e conclusioni generali.

2. Principi della Drammaterpia

2.1 I fondamenti della Drammaterpia

Per giungere ai principi fondatori della Drammaterapia, desidero partire dall’antica storia del teatro. Una storia del teatro che sia seria ed esauriente al tempo stesso è francamente impossibile, poiché nessuno può pretendere di coprire l'arco di conoscenze necessarie a narrare 2500 anni di vita, articolati in civiltà estremamente diverse, e in almeno venti lingue irrinunciabili. Perciò mi soffermo a fare solo alcuni cenni della storia del teatro che ritengo utile per arrivare alla Drammaterpia.

Il teatro, nella sua espressione più matura, nacque nella Grecia antica. Il teatro era un efficace veicolo per istruire i cittadini, era finalizzato anche a far riflettere il popolo su temi politici e morali e sulla vita.

“Teatro” (theasthai = vedere) è il nome attribuito dai Greci antichi al luogo della rappresentazione scenica, mentre “dramma” (dal greco drao = agisco) è il termine con cui Aristotele denominò genericamente i testi scritti per essere recitati su di un palco, davanti ad un pubblico. Le principali forme di "dramma" erano la tragedia e la commedia.

Nella tragedia gli eventi riguardavano personaggi illustri e/o mitologici e terminavano con una catastrofe (omicidio, suicidio...). Gli argomenti trattati erano molteplici e in genere si ponevano come fine il rispetto delle istituzioni, del destino, della religione. Gli attori generalmente erano tre e usavano le maschere, interpretando più personaggi. Esisteva poi un coro, attraverso cui l'autore della tragedia parlava al pubblico.

Commedia in greco vuol dire "gioia condivisa con altri". Qui, infatti, i protagonisti non sono né i nobili né gli eroi mitologici, ma la gente comune. Le situazioni sono quelle della vita quotidiana.

Facciamo subito un salto nel novecento che si apre con la rivoluzione copernicana della centralità dell’attore. Con il termine rivoluzione copernicana intendiamo quel processo di rinnovamento culturale, iniziato verso la metà del XVI secolo con l'opera di Copernico, che ha portato alla nuova visione newtoniana del mondo.

Un altro momento di svolta è individuato nel “metodo” ideato da Konstantin Stanislavskij (1961); tentò di mostrare i vari fattori e dimensioni di un ruolo nel suo libro “Il lavoro dell’attore sul personaggio”. Il ruolo, dal punto di vista di Stanislavskij, è determinato da fattori sociali, psicologici, fisici e comportamentali, oltre a quelli estetici e storici.

E’ basilare l’insegnamento del regista polacco Jerzy Grotowsky per comprendere gran parte del teatro del secondo Novecento. Grotowsky ha proseguito nella ricerca iniziata da Stanislawskyj riguardante non solo le caratteristiche ed il significato della recitazione ma anche i processi fisici ed emotivi ad essa connessi. Grotowsky ha dato anche vita al Teatro Laboratorio nel 1959 in Polonia che in seguito ha ricevuto lo status di “Istituto di ricerche sulla recitazione”. Il “laboratorio”, in cui attori e regista lavorano insieme sul training e sulla preparazione dello spettacolo, si propone come setting di ricerca e di sperimentazione. Il Laboratorio, infatti, rappresenta il luogo per eccellenza, dove condividere delle esperienze, in cui l’attore e lo spettatore si possono confrontare attraverso un percorso interiore indirizzato alla ricerca e crescita individuale di se stessi e collettiva, e di significati universali mediante il recupero di una dimensione rituale. Egli definisce il suo teatro “un teatro povero”, perché taglia tutti gli elementi inutili nel teatro per arrivare a svelare le ricchezze inesplorate di questa forma artistica.

Fu pubblicata un'altra opera fondamentale per la cultura teatrale contemporanea: “The Empty Space” (1968) di Peter Brook che contribuisce a proporre un’idea di teatro viva e realmente necessaria per l'uomo d'oggi. La priorità di Brook è la ricerca dell'autenticità. Per Brook è possibile fare teatro anche solo con un attore, uno spettatore e uno spazio vuoto, a condizione che tra queste tre elementi si crei una relazione autentica. Per lui l'atto teatrale è un lasciarsi andare, un rinnovarsi, un purificarsi sia per l'attore, sia per il pubblico.

Vale la pena nominare anche Eugenio Barba, un regista teatrale italiano, una delle figure di spicco del teatro mondiale contemporaneo. Noto come allievo ed amico di Jerzy Grotowski e fondatore e direttore dell'Odin Teatret. È considerato, insieme a Peter Brook, l'ultimo maestro occidentale vivente.

Barba diche che Ii teatro non è solo corpo di fronte ad un altro corpo ed espressione personale ma, anche appartenenza socio-culturale. Egli vuole capire quali sono gli elementi del teatro e quindi del corpo che indipendentemente dalla cultura si presentano sempre, quando il corpo è in quella situazione particolare che chiamiamo rappresentazione.

Nel suo libro di antropologia teatrale “La canoa di carta” (Mulino, 1993) Barba inizia con una riflessione di natura filosofico-esistenziale: la vita viene vista come un viaggio e le transizioni all'interno della coordinata temporale individuale vengono interpretate come tappe.

“L'innovativo progetto teatrale "Marco Cavallo", ideato da Scabia, ha avuto inizio nel 1973 presso l'Ospedale Psichiatrico di Trieste, diretto da F. Basaglia. Con questo progetto si è potuta dare una nuova cittadinanza a chi è affetto da malattia mentale e fare emergere la "persona" al posto della "malattia".”[14]

Un ospedale psichiatrico ha cambiato il modo di essere del teatro e della cura nella storia. Il progetto teatrale “Marco Cavallo” è una pietra miliare del teatro come terapia.

La Drammaterapia moderna si sviluppò negli anni ‘70 soprattutto in Inghilterra, negli Stati Uniti e nei Paesi Bassi. I principi sui quali si fondava erano il teatro sperimentale e la psicologia umanistica. I precursori della Drammaterapia furono, tra gli altri, l’inglese Sue Jennings, lo psicologo israeliano specializzato nei traumi Mooli Lahad e lo psicologo americano Robert Landy.

Landy è uno dei più importanti teorici della Drammaterapia. Il modello terapeutico di Landy (1999) è il modello del ruolo il quale vede l'individuo come colui che rappresenta numerosi ruoli biologici, familiari e sociali nella vita reale. Questi ruoli vengono riproposti nella seduta della Drammaterapia. Secondo Landy nel lavoro teatrale l'attore entra ed esce costantemente dal ruolo, c'è un continuo slittamento da una realtà all'altra ed è nello spazio intermedio che possono emergere le potenzialità.

“ Egli utilizza tecniche proiettive per amplificare il vissuto di distanza. Gli attori non diventano i personaggi che stanno interpretando, ma avvicinano se stessi e le loro esperienze alla performance, si muovono attraverso un tempo reale ed un tempo immaginario, da una realtà ordinaria a una realtà teatrale.”…

…”Landy (1999) ha teorizzato una tassonomia dei ruoli in un modello sistematizzato di ruoli ripetuti nei testi teatrali in una prospettiva junghiana archetipica. I ruoli diventano utili strumenti nella diagnosi, nel trattamento e nella valutazione. In questo modello gli obiettivi del drammaterapeuta sono tesi ad aiutare i clienti a sviluppare il numero dei ruoli che essi possiedono, per non rimanere legati ad un ruolo rigido, e a sviluppare la capacità di muoversi da un ruolo all'altro. Il personaggio può essere considerato un ponte che permette il passaggio dalla cristallizzazione di una personalità al mondo della possibilità e della scoperta.” [15]

Un altro teorico importante della Drammaterapia in Italia è Pitruzzella che scrive: “La funzione generale del conduttore in un processo di Drammaterapia è promuovere e controllare le condizione necessarie e sufficienti affinché ciascuno possa usare il dramma come strumento per migliorare il proprio benessere. Se terapia è servizio, il drammaterapista (drammaterapeuta) è un operatore al servizio della persona, capace di comprendere i bisogni dei soggetti, di sostenerli nel percorso e di aiutarli nelle difficoltà. Ma al contempo è al servizio del dramma, consapevole che solo attraverso l’azione drammatica, attraverso un processo che è basilarmente di creazione artistica, il cambiamento può essere innescato”. [16]

Secondo Robert Landy, “Il ruolo essenziale del drammaterapista è di incarnare il principio creatore e rispecchiare per restituirlo al cliente. (In Jennings, ed,. 1992:110)

Per Cooley, ogni persona in un ambiente sociale diventa uno specchio dell’altro. È il compito del drammaterapeuta aiutare il cliente a trovare i ruoli da giocare e le storie da raccontare, che possano fornire uno specchio che riflette la sua vita.

2.2 La creatività nella Drammaterapia

"La creatività è una forza vitale che apre la porta al cambiamento" da Sonia Abadi.

Pitruzzella ci espone questa versione sulla creatività: “ Ipotesi centrale della Drammaterapia è l'idea che la costruzione di una realtà drammatica condivisa possa facilitare lo sviluppo delle qualità esistenziali ad essa connesse: flessibilità, apertura, immaginazione, in una parola: creatività. Allo stesso tempo costituire un territorio di scambio, in cui è possibile sperimentare ruoli, relazioni, pensieri, emozioni, all'interno della cornice protettiva della "finzione".[17]

Egli suddivide la creatività in tre segni attraverso i quali si manifesta nella vita di ciascuno di noi: curiosità, versatilità e presenza. Questi segni sono immediatamente visibili nel comportamento quotidiano dei bambini.

“Lavorare sulla creatività delle persone significa dare libero sfogo alla spontaneità, all'originalità e rompere quei freni, ideologici ed educativi, che normalmente impediscono il fluire spontaneo della fantasia. La creatività non è un lusso ma un bisogno emotivo, fisico ed intellettuale, una forza vitale che porta al cambiamento. La mente creativa è in grado di gestire sia il successo che il fallimento. Suo motore principale è la curiosità; per questa ragione riesce ad incorporare gli stimoli trasformandoli in esperienze.”[18]

Quindi un processo creativo è un processo di trasformazione. L’obiettivo della Drammaterapia, è quello di giungere ad un cambiamento sia dell’attore che dello spettatore. La poliedricità[19] della Drammaterapia e i numerosi modi in cui può essere utilizzata fanno dello stesso un potente strumento di formazione e un mezzo efficace attraverso cui raggiungere un cambiamento, caratterizzato dal coraggio di vivere le proprie emozioni e dalla serenità nell’affrontare il labirinto della vita.

2.3 La relazione tra ruolo e Sé

Per giungere alla comprensione tra la relazione di ruolo e Sé, desidero partire dalla definizione di Salvo Pitruzzella: “La Drammaterapia è una forma d’arte drammatica che mira ad un miglioramento della qualità della vita delle persone coinvolte, attraverso l’esplorazione guidata in scena di varie possibilità di essere al mondo e con gli altri.”[21][20]

“Oggi siamo tutti più coscienti di quanto la salute non consista nella semplice assenza di malattia ma, dipenda da una quantità di fattori inerenti alla globalità della nostra vita. Salute e benessere sono direttamente proporzionali all’armonia che riusciamo a realizzare ed esprimere nei vari aspetti e livelli del nostro essere, dalla sfera più privata e personale al rapporto con l’ambiente. Oggi tutti sappiamo quanto la mente sia in diretta connessione con il corpo e quanto essa (attraverso una molteplicità di tecniche o grazie ad una semplice, spontanea attitudine), possa trasformarsi in strumento e risorsa per accrescere il nostro benessere interiore, e quindi trasformare e migliorare tutta la nostra vita, sia sul piano psicologico che fisico.”[22]

[...]


[1] Il concetto di ruolo in Drammaterapia Robert J. Landy. Tratto dal volume: Essays in Drama Therapy. The Double Life., Jessica Kingsley Publishers, 1996. Cura e revisione di Salvo Pitruzzella. Traduzione di Ezio Grassi

[2] http://www.facciamoneundramma.org/Drammaterapia

[3] L’eclittismo indica l’atteggiamento di chi sceglie in diverse dottrine ciò che è affine e cerca di armonizzarlo in una nuova sintassi (Wikipedia).

[4] Drammaterpia, Pitruzzella, pag. 10

[5] http://it.wikipedia.org/wiki/Creatività

[6] http://www.cnos-fap.it/glossary/term/266

[7] Creatività ed esaurimento professionale nelle organizzazioni un’indagine esplorativa interculturale, Antonella Vitale; pag. 207; http://www.jobtel.it/JobCompass/Multimedia_web/Documenti/Percorsi/Glossario.pdf

[8] Landy Robert J.. Il concetto di ruolo in Drammaterapia. Tratto dal volume: Essays in Drama Therapy. The Double Life. Jessica Kingsley Publishers, 1996, Cura e revisione di Salvo Pitruzzella, Traduzione di Ezio Grassi.

[9] Neuroni specchio, http://www.ildiogene.it/EncyPages/Ency=neuronispecchio.html

[10] Narciso e Boccadoro (Narziss und Goldmund, 1930 ) è un romanzo dello scrittore tedesco Hermann Hesse .

[11] Rifiutare un'ideologia, un credo, un'ipotesi, un comportamento SIN sconfessare: r. la propria fede

[12] Aspetto accessorio che non cambia il carattere del fenomeno essenziale

[13] Il Bloc di Alessandra Lanzoni. L’astrologia del cerchio e della spirale; Perché l’astrologia? Consultabile sul sito: http://astrologiadelcerchioedellaspirale.blogspot.ch/2012/02/perche-lastrologia.html

[14] http://educaweb.altervista.org/content/view/115/33/

[15] Teatroterapia: la funzione terapeutica del teatro di Marika Massara, http://www.psicologia-psicoterapia.it/articoli-psicoterapia/igart-teatroterapia-funzione-terapeutica-teatro.html

[16] Salvo Pitruzzella, Persona e soglia, Armando Editore, Roma 2003, pag. 138

[17] Salvo Pitruzzella, Drammaterapia; pag. 4.

[18] http://improveland.it/formazione-per-l-azienda/creativita-e-comunicazione

[19] che ha molteplici e multiformi capacità o aspetti: personalità

[20] Il concetto di ruolo in Drammaterapia, Robert J. Landy, Jessica Kingsley Publishers, 1996, Cura e revisione di Salvo Pitruzzelli, Traduzione di Ezio Grassi http://priory.com/ital/Landy.htm

[21] Salvo Pitruzzella, Persona e soglia, fondamenti di Drammaterapia, pag. 13, Armando Editore, Roma, 2003

[22] Salute = Benessere psico-fisico globale di Susanna Ciacci ; http://www.piuchepuoi.it/salute-e-benessere/4184/

Excerpt out of 65 pages

Details

Title
Il Sentiero Terapeutico di Ercole
Subtitle
I tratti della Drammaterapia e dell'Astrologia in comune
Author
Year
2013
Pages
65
Catalog Number
V208868
ISBN (eBook)
9783656363668
ISBN (Book)
9783656364146
File size
777 KB
Language
Italian
Notes
Schule Artetherapia in Lecco (SCUOLA TRIENNALE DI DRAMMATERAPIA)
Keywords
sentiero, terapeutico, ercole, drammaterapia, astrologia
Quote paper
Bachelor Maria Theresia Bitterli (Author), 2013, Il Sentiero Terapeutico di Ercole , Munich, GRIN Verlag, https://www.grin.com/document/208868

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Title: Il Sentiero Terapeutico di Ercole



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