Gli Olympieia come manifesto della politica adrianea: riflessione sulla loro funzione


Essay, 2008

28 Pages


Excerpt


Indice

Introduzione

Cap. 1 – L’ Olympieion di Cizico
1.1) Posizione del tempio
1.2) Le fonti letterarie
1.3) Gli scavi e le edizioni critiche
1.4) L’ Olympieion di Cizico

Cap. 2 - L’ Olympieion di Efeso
2.1) Posizione del tempio
2.2) Le fonti letterarie
2.3) Gli scavi e le dizioni critiche

Cap. 3 – L’ Olympieion di Atene
3.1) Posizione del tempio
3.2) Gli scavi e le fasi dell’ olympieion
3.3) Il santuario in età adrianea: le fonti
3.4) Il santuario in età adrianea: le strutture

Cap. 4 – Linee conclusive sulla funzione degli olympieia
4.1) La politica estera di Adriano e il suo ecumenismo
4.2) La funzione politica degli olympieia

Bibliografia

Introduzione

Lo studio che qui si presenta ha come oggetto di ricerca gli olympieia costruiti in età adrianea che saranno analizzati sia dal punto di vista architettonico che da quello ideologico.

È da sottolineare che lo studio rappresenta l’ampliamento di un articolo[1], da me scritto, che risulta essere approfondito sia sulla parte architettonica che su quella storica.

L’esigenza di pubblicare questo saggio nasce dalla constatazione che gli olympieia assumono una funzione di fondamentale importanza, come sarà sottolineato nel corso dello studio, nell’ecumenismo di Adriano e nell’osservazione che, ad oggi, non è presente nessuno studio che si concentri su questi edifici. È interessante rilevare, invero, che gli studi che s’incentrano sulla figura di Adriano[2] non contengono, eccetto che per lo studio di Beaujeu e della Calandra, un’analisi sui santuari dedicati a Zeus Olympios che, invece, risultano essere sottoposti all’attenzione del successore di Traiano.

Si rileva, infatti, che la costruzione degli olympieia, come sarà dimostrato nel corso di questo studio, rappresentano, al pari di altre fondazioni religiose inaugurate durante i 21 anni del governo di Adriano, il fulcro della politica perseguita dal princeps che, com’è tramandato dalle fonti letterarie, concentrerà la propria azione sulla pacificazione dell’impero e sulla rivalutazione delle province che furono poste al medesimo livello di Roma con il fine di consentire l’unità del vasto territorio amministrato dall’Urbe .

Per dimostrare la funzione di questi si è scelto un approccio metodologico che consente di prendere in considerazione sia gli aspetti architettonici che quelli ideologici. L’evidenza presentata in questo saggio, pertanto, include due serie complementari di dati: nella prima parte sono presentati i dati archeologici sui santuari; nella seconda sono inseriti nel contesto politico\ideologico dell’età adrianea.

L’ olympieion di Cizico

1.1) Posizione del tempio

L’ olympieion di Cizico è un santuario extra urbano sorgente sul versante occidentale della città[3].La costruzione ebbe inizio nel 124 d.C. per volere dell’imperatore Adriano, che elargì un cospicuo donativo per completare l’edificio danneggiato dal terremoto del 123, e fu terminato soltanto nel 139 d.C. anno in cui fu dedicato come Hadrianeum[4].

1.2) Le fonti letterarie

Il santuario di Cizico vanta, a differenza di molti altri complessi sacri, la menzione in numerose fonti che consentono di percepire, anche se vanno integrate con i risultati degli scavi archeologici ivi compiuti alla fine dell’800 e con gli studi critici sorti nel secolo scorso, l’aspetto del tempio[5]: le fonti non permettono di percepire immediatamente l’aspetto del tempio.

Aristide ad esempio lo descrive come un edificio visibile a grande distanza dal mare e lo definisce “edificio a tre piani”. Un’altra importante fonte che menziona il tempio è la Cronaca di Malalia, databile alla fine del VI secolo, in cui si descrive la decorazione dell’edificio; infatti, si afferma che la sua sommità, vale a dire il frontone, era coronato da un busto colossale dell’imperatore Adriano con l’iscrizione TEIOY ADRIANOY[6] .

A differenza delle precedenti risulta essere molto più dettagliata la descrizione di Ciriaco d’Ancona che, nella prima metà del XV secolo, compie due viaggi a Cizico durante i quali si sofferma sulle rovine del tempio[7].

Il santuario è descritto come un esastilo con sei colonne in facciata e 15 sui lati lunghi che, alte 70 piedi, avevano un intercolumnio di 14 piedi e circondavano la cella, larga 70 piedi e lunga 140, al cui interno vi erano 10 colonne più piccole agganciate ai muri.

L’autore, inoltre, si sofferma anche sulla descrizione del frontone affermando che questo è decorato da statue di marmo rappresentanti alcune divinità sotto la protezione di Giove[8].

Ciriaco, infine, copia anche alcune iscrizioni ivi rinvenute che consentono di conoscere sia l’architetto del tempio (Aristaneitos)[9] che la funzione dello stesso. L’iscrizione Oληs Ασιαs, infatti, indica che il santuario è la sede del koinon d’Asia.

Le fonti, in ogni caso, non risultano essere esaustive, se si fa eccezione per la descrizione di Ciriaco, per comprendere la pianta del tempio; infatti, soltanto gli scavi compiuti alla fine dell’800 e le edizioni critiche compiute nello scorso secolo consentono di delineare la planimetria dell’edificio.

1.3) Gli scavi e le edizioni critiche

Il santuario di Cizico è stato oggetto di campagne di scavo alla fine dell’800. A partire dalla seconda metà del secolo, infatti, gli archeologi francesi Perrot e Guillaume intrapresero alcune campagne di scavo i cui risultati furono pubblicati repentinamente[10]. Questi intercettarono alcune gallerie sotto il tempio e verificarono che l’altezza delle colonne e la misura della cella corrispondevano alle misure tramandate da Ciriaco. Individuarono, inoltre, anche le 10 colonne poste nella cella che probabilmente reggevano il terzo piano descritto da Aristide[11].

Lo scavo permise di individuare sia il pronao che l’opistodomo: il primo composto da 4 file di colonne; il secondo da 2.

I due archeologi, infine, stabilirono che il tempio, racchiuso in un ampio peribolo, era ottastilo basandosi su una moneta di Cizico sulla quale è rappresentata la fronte dell’edificio con 8 colonne[12].

A questa pubblicazione seguì quella del Reinach che si oppose alla ricostruzione degli studiosi francesi: secondo questo ultimo il tempio è esastilo[13], così come descritto da Ciriaco, e afferma che il frontone non presenta decorazione poiché le statue, descritte nel XV secolo, rappresentano gli acroteri[14].

In seguito, nella seconda metà del secolo scorso, gli studiosi che si sono occupati del santuario, si sono soffermati, principalmente, sulla restituzione della pianta del tempio. Ne è nata una diatriba che si è protratta sino all’ultimo decennio del secolo scorso quando l’edizione critica di Schulz –Winter ha dimostrato che l’edificio è ottastilo, così come affermava Ashmole, e non esastilo come sosteneva Mansuelli[15].

1.4) L’ olympieion di Cizico

Le recenti indagini critiche consentono di individuare la planimetria dell’edificio.

Il tempio, posto al centro di un vasto peribolo, è un periptero ottastilo composto da 8 colonne sulla fronte e 15 sui lati lunghi. Queste ultime, alte 21,35 m e con un diametro di 5,76 m, sono di ordine corinzio e poggiano su basi attiche, com’era stato già messo in evidenza da Guillaume e Perrot.

La cella, preceduta da un pronao formato da 4 fila di colonne, è a navata unica e presenta sui lati lunghi 10 colonne che, inframmezzate da pilastri, dovevano reggere un ulteriore piano già descritto da Aristide. L’aula di culto, inoltre, è aperta sull’opistodomo composto da due fila di colonne e risulta essere larga 70 piedi e lunga 140[16].

L’ olympieion di Efeso

2.1) Posizione del tempio

Le fonti letterarie consentono di evincere solamente il luogo in cui è potuto sorgere il tempio[17]. Secondo Pausania, infatti, l’edificio sorgeva lungo la strada sacra che poneva in comunicazione l ’Artemision con la porta di Magnesia[18].

2.2) Le fonti letterarie

Al contrario del precedente santuario l’ olympieion di Efeso è menzionato soltanto in una fonte antica, Pausania, che descrive la posizione del complesso sacro:

<< Quando ormai i Samii erano ritornati in patria, Androclo intervenne in aiuto dei Prienesi contro i Cari; mentre le forze greche stavano vincendo, cadde in battaglia. Gli Efesii ne raccolsero il corpo e lo seppellirono nella loro terra; il suo monumento sepolcrale è visibile ancora oggi lungo la strada che dal santuario, passando presso l’olympieion, conduce verso la porta di Magnesia[…]>>[19]

La lettura della fonte consente di percepire soltanto la posizione del tempio; infatti, l’Autore non si sofferma sulle caratteristiche dello stesso poiché il suo interesse è quello di donare al lettore un riferimento topografico che permettesse di individuare immediatamente la tomba di Androclo.

Il riferimento di Pausania, inoltre, ha portato molti studiosi a credere che l’ olympieion fosse un santuario extra – urbano situato sul percorso più breve che collegava il tempio di Artemide con la porta di Magnesia[20].

Il rinvenimento, però, della tomba di Androclo all’interno della cinta muraria e la considerazione che la via sacra sud – orientale fu costruita soltanto alla fine del II secolo d.C. da Damiano, ha permesso di ricostruire il percorso compiuto da Pausania e di ipotizzare, di conseguenza, la posizione dell’ olympieion: il periegeta è entrato in città dall’unica strada che al suo tempo collegava il santuario di Artemide con la porta di Magnesia.

Questa strada passava dalla porta (karessian gate) non lontana dallo stadio e attraversava tutta la città passando accanto alla tomba di Androclo e all’ olympieion identificato con il vasto tempio posto a Nord del Ginnasio.

Gli scavi compiuti nel secolo scorso, inoltre, hanno permesso di capire le diverse fasi dell’edificio identificato con il santuario di Zeus Olympios[21].

2.3) Gli scavi e le edizioni critiche

Le indagini archeologiche che hanno interessato il luogo in cui poteva sorgere l’ olympieion sono state intraprese negli anni ’70 del secolo scorso e hanno consentito di comprendere le diverse fasi costruttive dell’edificio ivi rinvenuto[22].

Le campagne di scavo compiute a Nord della chiesa di Maria hanno consentito agli archeologi di identificare le vestigia ivi rinvenute, databili nel 130 d.C., con il santuario che, secondo gli studiosi, sarebbe stato fondato in occasione del secondo neokorato[23]. Questo edificio risulta essere un diptero ottastilo di ordine corinzio che, posto al centro di un vasto peribolo, presenta 8 colonne sulla fronte e 17 sui lati lunghi.

In verità Jones nega che il complesso in questione possa essere identificato con l’ olympieion: secondo lo studioso questo dovrebbe essere posto, considerata l’antichità del culto e il rinvenimento di alcune dediche a Zeus dinanzi all’ Artemision, in ambito extra urbano. Jones, inoltre, rileva che il tempio non è costruito ex-novo da Adriano ma è in vita già dal tempo di Augusto come si evince dalle fonti numismatiche. Tale studio, quindi, consente di percepire che l’edificio, rinvenuto negli anni ’70, non può assolutamente essere l’ olympieion se questo era già in vita al tempo di Augusto. Lo studioso, infatti, identifica il complesso rinvenuto a Nord della chiesa di Maria con l’ Hadrianeion che, come tramandano le fonti, non coincide con il tempio dedicato a Zeus Olympios[24] . Si ricordi, però, che a prescindere dal luogo in cui sorge il tempio dedicato a Zeus, questo svolge un’importante funzione nella politica ecumenica di Adriano

L’ olympieion di Atene

3.1) Posizione del tempio

Il santuario di Zeus Olympios sorge, in posizione equidistante tra l’Acropoli e lo Stadio, su una collina rocciosa digradante verso SO.

3.2) Gli scavi e le fasi dell’ olympieion

Le indagini archeologiche compiute sull’area sulla quale è impiantato il tempio consentono di rilevare che il luogo è già frequentato in età preistorica come suggeriscono sia i rinvenimenti che le fonti letterarie che qui individuano una serie di culti antichi compreso quello di Zeus Olympios[25].

Il tempio, identificato con l’ olympieion soltanto nel XVII secolo da Transfeldt, presenta diverse fasi costruttive documentate dagli scavi sistematici compiuti sia al suo interno che nell’area circostante il peribolo[26].

La costruzione del santuario fu intrapresa nell’età di Pisistrato e il progetto fu commissionato a quattro architetti: Anttistates, Kallaischro, Antimachides e Parinos.

Il tempio doveva essere un periptero dorico con 8 colonne sui lati brevi e 20 sui lati lunghi ma fu interrotto, a causa della caduta del regime, quando si erano messi in opera soltanto il crepidoma e i rocchi inferiori delle colonne. Il progetto non fu ripreso sino all’arrivo di Antioco IV Epiphanes di Siria: il tempio fu oggetto di una parziale spoliazione sino alla prima metà del II secolo a.C. come documenta il rinvenimento di alcuni rocchi di colonne inseriti nel circuito murario temistocleo[27].

Antioco, infatti, fece costruire il tempio di Zeus Olympios, divinità panellenica per eccellenza, con il fine di unire il popolo greco sotto una comune egida religiosa[28]. I lavori furono affidati all’architetto Cossutius che rispettò la pianta del tempio pisistrateo: non modificò il numero delle colonne, le misure dello stilobate e della cella che fu concepita sempre come sekos ipetrale[29]. L’edificio, tuttavia, subì una modifica sostanziale attraverso la sostituzione dell’ordine dorico con il più attuale corinzio[30]. I lavori furono interrotti dopo la morte del sovrano ma il tempio, come dimostrano i capitelli di ordine corinzio databili stilisticamente all’età di Antioco, doveva essere stato completato almeno sino alla trabeazione. È da rilevare, inoltre, come successiva prova del parziale completamento dell’edificio di culto, che gli interventi di età adrianea furono concentrati soprattutto nella sistemazione del peribolo e dell’ampio spazio compreso tra questo ultimo e il tempio[31].

Sino al II secolo d.C. il santuario non sembra essere stato oggetto di interventi anche se l’analisi di una serie di dati consente di ipotizzare che il tempio sia stato rimaneggiato in età augustea[32].

Svetonio tramanda, infatti, che alcuni regoli soci di Roma cercarono di terminare l’Olympieion e di dedicarlo al Genium Augusti. Tale notizia sembra trovare eco sul terreno: un capitello, quello della settima colonna da Ovest della fila interna della peristasi, è databile in età augustea anche se, è necessario sottolinearlo, questo singolo dato non consente di determinare l’entità dell’intervento.

Un altro dato archeologico sembra confermare la notizia di Svetonio: il rinvenimento di un frammento di altare, su cui è iscritto Σεβαστού, che appartiene ad un gruppo di are Auguste rinvenute ad Atene e che sembrano essere dedicate tutte in connessione con l’istituzione del culto imperiale[33].

[...]


[1] Giudice 2007, pp. 1 - 13

[2] Ci si riferisce in modo particolare agli studi di Weber, Henderson, Levi e Birley .

[3] Il tempio fu realizzato dall’architetto Aristaneitos come si evince da una iscrizione metrica trascritta da Ciriaco d’Ancona. Sull’argomento si veda Mansuelli 1958, pp. 638 – 639.

[4] Calandra 1996, pag. 88.

[5] Il tempio è stato oggetto di numerosi studi fin dal secolo scorso che hanno permesso di conoscerne la planimetria. Sull’argomento si vedano Ashmole 1956, pp. 179 – 191; Mansuelli 1958, op. cit.; Schulz – Winter 1990, pp. 33 – 82; Calandra 1996, op. cit;

[6] È da sottolineare che la ricostruzione dell’apparato decorativo non è sicura. Rimangono, infatti, molti dubbi sulla datazione del fregio che secondo alcuni studiosi è databile al III secolo d.C. Sull’argomento si veda Laubscher 1967, pp. 211 – 217.

[7] Ad pridie K[a]l. Aug. ex Perintho Proconnesium insulam Cyzicumque petens, Artecem venimus, antiquum Cyzicenorum vicum, ubi multa videntur antiquitatis vestigia, columnarum statuarumque fragmenta, et colosseam hanc inter vineas dirutam comperi marmoream perpulchram imaginem. Verum et cujus ergo veneram et Propontiacum superavimus mare, cum ad mirificum et nobilissimum illud Proserpinae templum revisendum me contulissem, dum ingentem sui magnitudinem eximiamque fabrefactorum operam atque vivos de marmore vultus aspexissem, haud merito Sulmoneum poetam dixisse cognovimus: inde propontiacis haerentam Cyzicon oris Cyzicon Aemoniae nobile gentis opus. At Plinius deinde ille Naturalis Historiae conditor diligentissimus, ea in parte qua ingentia et nobiliora mundi opera commemorat, cum hoc praecipuum existimasset opus, in principio inquit: Durate t Cyzici delubrum in quo filum aureum commisuris omnibus politi lapidis subjecit artifex. Cujusce vero positi fili latitudinem et concavitatem vidimus e team ipsam, atque alia pleraque ejusdem eximiae aedis insignia diligenter inspecta matitaque hisce quoad licuerat describendum atque stilo defigendum curavimus. Sed Heu! Quantum ab illo deformem revisimus quem antea bis septem jam annis exactis prospeximus. Nam tunc XXX et unam columnsa erectas vidimus exstare; nunc vero unam de XXX manere et partim epistylis destitutas cognovi. Sed et quae integrae fere omnes inclytae parietas exstabant, nunc a barbaris magna quidam ex parte diminutae soloque collapsae videntur. Sed enim insigni ejus et mirabili in frontispicio esimia deum et praeclarissima illa de marmore simulacra, Jove ipso potectore suaesque eximiae celsitudinis patrocinio inlaesae tutantur et intactae suo fere prisco splendore manent. Cujusce amplissimi templi magnitudo pro columnarum spatio constat longitudine CCXL, latitudine vero CX, LXX que pedum altitudinem metiuntur altissimae parietes atque immanes columnae.

Ad III non. Aug. Faustum Kyriceumque diem, Cyzicum venimus, nobilem et olim Asiae metropolim et potentissimam urbem.

At cum civitatem undique collapsam aspexissem et in dies a barbaris omni ex parte pessumdatum iri cognovissem, indoli, et umani generis calamitatem inferentes ab humanis quoque principibus animadvertendum duxi et << Iw, civitatum Asiae restitutorem divum Augustum Caesarem>> exclamavi. Vidimus tamen ejus reverendissimae vetustatis pleraque nobilia monumenta nostram ad diem tantae magnitudinis testimonia prestare, et precipue partem exstare vidimus ex primaveris eximiis ejus propontino e lapide moenibus, ingentes statuas columnasque immane set immania hinc inde cospersa solo marmorea et ingentia fabrefacta saxa. Sed quo potissimum Cyzicenam amplitudinem testatur eximiam, exstant ad quartum et ad sextum ab urbe lapidem et Artacem vocant, sub Byzantiano imperatore habitantes, et alia quae propinquiora civitati oppia jacent inabitata marmoreisque moenibus condita, quorum pars non esigua erecta turritaque videtur. Cum vero templi hujusce certius mirifici magnitudinem habiluis considerassem, metique certius maluissem, comperimus parietes hinc inde pro templi latere CXL p. Longitudinis, latidunis vero p. LXX constare; totidem altitudine parites constant. Columnae vero ab utroque latere XXX numero, ejusdem parietum altitudinis, XIIII p. invicem distantes, totidem pedum ab ipsis parietibus distant: et ingenti lapidum magnitudine, inter columnas ipsas et conspicuas parietes, nobile pavimentum hinc inde lata euntibus deambulatoria praebet; praeterea ante facies templi, pronaonis decore, inter quae pro lateribus exstant columnae; quino ordine quaternae, vigenti numero, exstitisse videntur, ornatissimis epistiliis, laqueribus protectae. Sed a posteriore parte delubri, praeter quas pro lateribus exstabant, quaternas trino ordine XII habuisse columnas cognovimus. Ex quo omnes ingentis delubri columnae LXII numero fuisse videntur, praeter X quae intus ornatissimae minores, quino ordine, hinc inde parietibus annexae permanent. Secondo viaggio di Ciriaco a Cizico nel cod. Vaticanus 5250, f° 7 – 10 e Naepolitanus V. E. 64, p. X – XII.

[8] Probabilmente si tratta di Adriano rappresentato nelle sembianze di Zeus. Si lamenta, purtroppo, l’assenza di studi su tale frontone. È probabile, comunque, che, considerato che il tempio viene dedicato come Hadrianeum e la descrizione della cronaca di Malalia, che il frontone rappresentasse l’imperatore nelle sembianze di Zeus. Tale rappresentazione, inoltre, risulterebbe essere più coerente con il programma panellenico di Adriano e con la funzione che viene ad acquisire tale tempio nell’ambito della politica dell’imperatore, tematiche che verranno affrontate nell’ultimo capitolo.

[9] Mansuelli 1958, op. cit.

[10] Perrot – Guillaume 1862, pag. 76; Ibidem 1876, pag. 264.

[11] Perrot – Guillaume 1862, op. cit.; ibidem 1876, op. cit.

[12] Perrot – Guillaume 1862, op. cit.; idem 1876, op. cit.

[13] Reinach 1890, pag. 529.

[14] Reinach 1890, op. cit. Questa ipotesi è inverosimile e non è supportata da nessuna argomentazione a sostegno.

[15] Ashmole 1956, op. cit.; Mansuelli 1958, op. cit.; Schulz – Winter 1990, op. cit.

[16] Ashmole 1956, op. cit.; Mansuelli 1958, op. cit.; Schulz – Winter 1990, op. cit.

[17] Scherrer 1995, pp. 186 – 187; Karwiese 1995, pp. 311 – 319; Wiplinger – Wlach 1995, pp. 114 – 116.

[18] Pausania VII, 2, 9

[19] Pausania VII, 2, 9

[20] Karwiese 1995, op. cit.

[21] Wiplinger – Wlach 1995, op. cit.; Scherrer 1995, op. cit.; Karwiese 1995, op. cit.

[22] Karwiese 1995, op. cit.

[23] Le indagini archeologiche compiute sull’edificio in questione hanno consentito di rilevare che il santuario fu oggetto di alcune modifiche nel III secolo d.C. quando, sul versante meridionale del peribolo, fu costruita una stoà con il fine di monumentalizzarne l’ingresso. Il complesso sacro fu raso al suolo nel V secolo d.C. e, successivamente, i blocchi di marmo furono utilizzati come materiale da costruzione. Beaujeu 1955, pag. 182; Karwiese 1995, op. cit.

[24] Jones 1993, pp. 149 – 152.

[25] Sull’argomento si vedano Willers 1990, pp. 26 – 53; Baldassarri 1998, pp. 75 - 99. Si prenda anche in considerazione Graindor 1934 pp. 218 – 225; Beaujeu 1955, pp. 176 – 178; Wycherley 1964, pp. 161 – 175; Travlos 1971, pp. 402 – 411; Tölle – Kastenbein 1994, pp. 155 - 166.

[26] Willers 1990, op. cit.; Travlos 1971, op. cit.

[27] Willers 1990, op. cit.; Baldassarri 1998, op. cit.

[28] Willers 1990, pp. 31 e 99 – 103; Calandra 1996, pp. 85 – 89; Baldassarri 1998, op. cit.

[29] Pollit 1965, pp. 213 – 214; Thompson 1987, pp. 2 – 3. E’ da sottolineare che secondo Willers la struttura ipetrale del tempio non è da riferire al progetto di Kossutius ma è da inserire in una fase successiva. Sull’argomento si veda Willers 1990, pag. 35.

[30] Bouras 1990, pag. 271.

[31] Graindor 1934, op. cit.; Willers 1990, op. cit.; Baldassarri 1998, op. cit.

[32] Baldassarri 1998, op. cit.

[33] Baldassarri 1998, op. cit.

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Details

Title
Gli Olympieia come manifesto della politica adrianea: riflessione sulla loro funzione
Author
Year
2008
Pages
28
Catalog Number
V116917
ISBN (eBook)
9783640192069
ISBN (Book)
9783640192151
File size
567 KB
Language
Italian
Keywords
Olympieia
Quote paper
Alberto Giudice (Author), 2008, Gli Olympieia come manifesto della politica adrianea: riflessione sulla loro funzione, Munich, GRIN Verlag, https://www.grin.com/document/116917

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